🇮🇹 DAL VANGELO DI HERMANN HESSE
(Una riflessione nella Solennità del Battesimo di Gesù, 7-1-2024).
I.
Herman Hesse, il grande e affascinante scrittore tedesco, premio Nobel per la letteratura nel 1946, tradotto in 60 lingue, 150 milioni di libri venduti in tutto il mondo, nel suo romanzo “Siddhartha” del 1922 scrisse “Imparai che essere amati non è niente, mentre amare è tutto, e sempre più mi parve di capire ciò che da valore e piacere alla nostra esistenza non è altro che la nostra capacità di sentire. Ovunque scorgessi sulla terra qualcosa che si potesse chiamare “felicità”, consisteva di sensazioni. Il denaro non era niente, il potere non era niente. Si vedevano molti che avevano sia l’uno che l’altro ed erano infelici. La bellezza non era niente: si vedevano uomini belli e donne belle che erano infelici nonostante la loro bellezza. Anche la salute non aveva un gran peso; ognuno aveva la salute che si sentiva, c’erano malati pieni di voglia di vivere che fiorivano fino a poco prima della fine e c’erano sani che avvizzivano angosciati per la paura della sofferenza. Ma la felicità era ovunque una persona avesse forti sentimenti e vivesse per loro, non li scacciasse, non facesse loro violenza, ma li coltivasse e ne traesse godimento. La bellezza non appagava chi la possedeva, ma chi sapeva amarla e adorarla. La felicità è amore, nient’altro. Felice è chi sa amare. Amore è ogni moto della nostra anima in cui essa senta se stessa e percepisca la propria vita. Ma amare e desiderare non è la stessa cosa. L’amore è desiderio fattosi saggio; l’amore non vuole avere; vuole soltanto amare”.
II.
Nei racconti evangelici troviamo tanti discorsi fatti da Gesù. Ma abbiamo solo due frasi pronunciate da Dio Padre. Una l’abbiamo ascoltata nel Vangelo di oggi del Battesimo di Gesù, e l’altra la ascoltiamo alla fine del racconto della Trasfigurazione di Gesù. Mi sono sempre chiesto: ma perché nelle uniche due volte che Dio Padre parla, ripete la stessa cosa e cioè: Questi è il mio figlio, l’amato. Doveva proprio ripeterlo? Non poteva dirci qualcosa in più? E poi, se lo amava non poteva tenerselo per sé? Sembra proprio di no. Non è riuscito a trattenersi. Come quando sei troppo felice e ti metti a cantare o a saltare o a gridare di gioia. E quindi se Dio Padre fosse intervenuto altre volte, avrebbe probabilmente ripetuto ancora per la terza e quarta volta la stessa cosa.
I due racconti (del Battesimo e della Trasfigurazione) avrebbero potuto svolgersi benissimo senza quelle interruzioni, quegli incisi con la voce di Dio Padre. E invece Dio Padre è irrotto per trasformare quei momenti in opportunità uniche per dire al mondo la cosa più importante per Lui, che doveva dirlo a tutti se no scoppiava, e cioè che amava il Figlio. Non aveva nient’altro da dire? No. Non aveva nient’altro di più importante da dire. E lo ripete due volte. Mostra il Figlio a tutti e ne è felice (nel quale mi compiaccio).
Dio è Padre perché è il Figlio che lo rende tale, al punto (spero di non dire una blasfemia) da amare il Figlio più che se stesso.
Vi ricordate le parole che avevamo commentato di quel padre che diceva che il figlio è il più grande e meraviglioso prestito fatto da Dio per fare un corso intensivo di come amare qualcuno più che noi stessi, di come cambiare i nostri peggiori difetti per dargli migliore esempio, per apprendere ad avere coraggio.
Penso che voi papà avevate già compreso prima e meglio di me perché Dio Padre doveva dire a tutti che quello era suo figlio e che lo amava. Perché un padre è qualcuno che vuole cogliere ogni opportunità possibile per dire al suo figlio quanto lo ama.
III.
Per concludere, il protagonista della Solennità di oggi del Battesimo di Gesù secondo me non è Gesù. È Dio Padre, che ama suo Figlio e lo dice a tutti. E quindi se il Battesimo così come l’Epifania e le nozze di Cana sono considerati momenti eccelsi della manifestazione di Gesù al mondo, il Battesimo di Gesù in particolare è la manifestazione al mondo dell’amore di Dio Padre verso il suo Figlio divino.
Sappiamo anche noi cogliere ogni opportunità per manifestare il nostro amore al nostro fratello divino Gesù, e ai nostri figli, il prestito divino per fare un corso intensivo di come amare qualcuno più di sé stessi.
Hermann Hesse, per arrivare alla conclusione “che essere amati non è niente, mentre amare è tutto” non doveva scomodarsi ad andare fino in India. Che la cosa più importante sia l’amare e non l’essere amati non ce lo ha detto Siddhartha ma l’Amato non solo di Dio Padre, ma anche nostro.
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