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Immagine del redattore P. Ezio Lorenzo Bono, CSF

🇮🇹 “DECIDI TU!” 🇵🇹 "VOCÊ DECIDE!"


🇮🇹 “DECIDI TU!” (Você decide!)

Una riflessione per IV Domenica QUA-C (27–3-2022)

< Lc 15,1-3.11-32 (Parabola del Padre Misericordioso)

Per vedere il video di questa riflessione in italiano, ecco il link:


I

Quando ero in Brasile, vedevo a volte in televisione dei film che facevano parte di una serie intitolata “Você decide!” (cioè “Decidi tu!”). Ogni film raccontava lo svolgimento di una storia qualsiasi e prima della fine si interrompeva e i telespettatori dovevano decidere quale finale dare alla storia. Chi per esempio voleva che il protagonista sposasse Francesca, inviava via telefono il numero 1; chi voleva che sposasse la sorella di Francesca, inviava il numero 2; chi voleva che rimanesse scapolo, il n. 3. Cosi per ogni film i telespettatori potevano decidere se alla fine vinceva il protagonista, o se questi moriva, o se vinceva alla lotteria… c’erano finali diversi già pronti e dopo pochi minuti il film riprendeva per terminare esattamente con la scena prescelta dalla maggioranza.

II.

I racconti delle parabole erano come dei film per quell’epoca. Alcune di queste “parabole-film” erano della serie “Você decide!”, dove la scena finale rimaneva aperta e stava all’ascoltatore decidere come finiva la storia. L’abbiamo visto domenica scorsa con la parabola del fico sterile. La parabola non disse come è finita la storia, non sappiamo se il fico alla fine ha prodotto frutti o se è stato tagliato, perché il finale dipende da ogni ascoltatore, dipende da noi. Perché noi siamo quel fico e se alla fine produciamo frutti o rimaniamo sterili dipende da noi, “Você decide!”.

Anche la parabola di oggi del Padre misericordioso appartiene alla serie “Você decide!”. Infatti alla fine non sappiamo se il figlio minore rimase per sempre nella casa del padre o se fuggì altre volte; non sappiamo se il figlio maggiore è entrato alla festa, se si è riconciliato con il fratello o se preso dall’odio e invidia lo ha ucciso… (non sarebbe una sorpresa, perché ci sono altri precedenti nella Bibbia, come quello di Caino che ha ucciso il fratello Abele, i fratelli di Giuseppe che lo hanno venduto ai mercanti dell’Egitto, ecc.). Il finale della parabola dipende da noi, perché noi siamo quei figli dalla testa dura e noi decidiamo se restare nella casa del padre, se riconciliarci con il nostro fratello, ignorarlo, venderlo o ucciderlo (non solo fisicamente, ci sono tanti modi di uccidere).

III.

Dobbiamo riconoscere che Gesù è un formidabile raccontatore di storie incredibili. Se Gesù invece di 2000 anni fa fosse vissuto nel nostro tempo, chissà quanti premi oscar per la sceneggiatura avrebbe vinto.

La parabola di oggi poi è veramente la più bella di tutte le storie, perché ci parla della verità dell’uomo, con tutte le sue miserie, e della verità di Dio, con tutta la sua grandezza.

La verità sull’uomo espressa nella figura del figlio minore è il desiderio di libertà, di indipendenza, di avventura, di non rimanere eternamente secondo. Ma è anche storia di meschinità; del pensare che il proprio desiderio di felicità sia solo proprio e non del padre; del ricordarsi del padre solo perché si sta morendo di fame; dell’essere approfittatori e avere una faccia di tolla (o di latta, o di bronzo… a secondo delle regioni) di ripresentarsi per mangiare dal piatto in cui aveva sputato.

Anche il figlio maggiore esprime altre verità meschine, il desiderio di vendetta malcelato con l’ideale della giustizia: “questo tuo figlio che ha scialacquato il tuo patrimonio con le prostitute…”. A nche lui, eterno insoddisfatto e invidioso, pensa alla felicità lontano dal padre: “non mi hai mai dato un capretto per fare festa con i miei amici” (e non con te!).

IV.

Ma le miserie dell’uomo le conosciamo fin troppo bene, anche la Bibbia ne è piena di esempi.

Quello che è straordinario invece in questa parabola è la verità sul Padre, per molti aspetti una novità assoluta in relazione alla figura di Dio dell’Antico Testamento. Un Padre che ama sempre, a prescindere dai meriti dell’uomo, che va al di là della miseria dei propri figli (il padre sapeva perfettamente che il figlio minore era tornato solo perché aveva fame e che se avesse avuto ancora dei soldi non sarebbe tornato); un padre che assume l’infamia dei propri figli.

Ricordo una volta una mamma che raccontava della vergogna che aveva provato quando i carabinieri entrarono in casa sua per arrestare suo figlio che aveva rubato. Lei disse che avrebbe preferito vedere suo figlio uscire di casa in una bara verso il cimitero, piuttosto che vederlo ammanettato condotto in prigione.

Eh non cara mamma! Non ci siamo! In quel momento tu stavi pensando solo a te stessa, alla vergogna di fronte ai tuoi vicini, ma non hai pensato a tuo figlio. In prigione avrà avuto il tempo di ravvedersi, pentirsi, ricominciare poi una nuova vita “imparato” dagli errori commessi. Al cimitero non avrebbe potuto più nulla. Amare davvero vuol dire assumere anche l’infamia degli altri.

Il Padre misericordioso accetta tutte queste miserie e le fa sue. Non gli interessa quali siano le motivazioni che hanno spinto il figlio a tornare a casa, non indaga neppure se il figlio è pentito, ma gli corre incontro, lo abbraccia, non smette di baciarlo, non lo lascia neppure parlare per scusarsi.

Il padre poi esce dalla festa per andare incontro anche all’altro figlio che anche lui mostra le sue debolezze, rimostranze, le sue critiche, le sue piccinerie. Il figlio maggiore capisce che il suo rancore è dettato anche dall’invidia perché il fratello più piccolo è stato più intraprendente di lui, ha avuto il coraggio di fare quello che lui invece non ha mai avuto l’ardito di fare.

E sopra questa miseria emerge il padre che non si stanca mai, sempre aperto verso i suoi due figli che sono un disastro, ma che sono sempre i suoi figli.

V.

Anche noi quando ci rendiamo conto della nostra miseria, delle nostre falsità, quando ci sentiamo indegni di fronte a Dio, dobbiamo ricordarci che Dio ci conosce meglio di noi stessi, e anche così non smetterà di amarci così come siamo: indegni, sporchi, infami… noi siamo sempre suoi figli.

Quando noi fuggiamo da Dio per andare in cerca di felicità illusorie, a un certo punto ci ritroviamo da soli, a pascolare porci. Ci ritroviamo come cavalli zoppi, che non interessano più a nessuno, e che possono solo essere abbattuti. Come il figlio minore che si ritrova con fame, senza nessuno che lo socorre, nessuno che si importa di lui, se ha fame, se sta bene, se ha una casa, se ha qualcuno che gli voglia bene.

È un po’ come quell’esperienza di solitudine che facciamo quando perdiamo nostra madre. Dopo che la mamma è morta, non c’è più nessuno che ci telefona per sapere se abbiamo mangiato, se abbiamo messo la maglia di lana perché è cominciato il freddo, o per sapere se ci è passato il mal di pancia. Solo la madre si preoccupa davvero. Hanno ragione la Bibbia e alcuni pontefici quando dicono che Dio più che Padre è Madre.

Quando pensiamo che Dio sia arrabbiato con noi per il male che abbiamo commesso, o quando ci sentiamo indegni di Lui per qualsiasi motivo, ricordiamoci di questa bella storia del Padre-Madre misericordioso e meditiamola nel nostro cuore.

Prendiamo anche noi il coraggio in mano e diciamo: “Mi alzerò e andrò da mio padre…”.

VI.

Come finisce questa bella storia? Il figlio minore resterà nella casa del Padre o fuggirà di nuovo? Il figlio maggiore si riconcilierà col fratello o continuerà a vivere rancoroso e incapace di felicità?

“Você decide”!”


🇵🇹 "VOCÊ DECIDE!"

Uma reflexão para o IV Domingo QUA-C (27-3-2022)

< Lc 15,1-3.11-32 (Parábola do Pai Misericordioso)


Para ver o vídeo desta reflexão em português, eis aqui o link:


I

Quando eu estava no Brasil, às vezes via na televisão filmes que faziam parte de uma série intitulada "Você decide!”. Cada filme contava o desenrolar de alguma história e, antes do final, este pararia e os espectadores teriam de decidir qual o final a dar à história. Aqueles que, por exemplo, queriam que a personagem principal casasse com Francisca enviariam o número 1 por telefone; aqueles que queriam que ele casasse com a irmã de Francisca enviariam o número 2; aqueles que queriam que ele continuasse solteiro enviariam o número 3. Desta forma, para cada filme, os espectadores podiam decidir se a personagem principal ganharia no final, ou se morreria, ou se ganharia a lotaria, etc. Havia diferentes finais prontos e, após alguns minutos, o filme recomeçava e ia terminar exactamente com o final escolhido pela maioria.

II.

As histórias das parábolas eram como filmes naquela época. Alguns destes "parábolas-filmes" eram da série "Você decide!", onde a cena final era deixada em aberto e cabia ao ouvinte decidir como a história iria terminar. Vimos também no domingo passado com a parábola da figueira estéril. A parábola não disse como a história terminou, não sabemos se a figueira acabou por produzir frutos ou se foi cortada, porque o final depende de cada ouvinte, depende de nós. Porque somos nós aquela figueira e se produzimos frutos no final ou se permanecemos estéreis depende de nós: "Você decide!".

A parábola de hoje do Pai misericordioso também pertence à série "Você decide!”. De facto, no final, não sabemos se o filho mais novo ficou para sempre na casa do pai ou se voltou a fugir; não sabemos se o filho mais velho entrou na festa, se se reconciliou com o irmão ou se foi levado pelo ódio e inveja e o matou... (isto não seria uma surpresa, porque existem outros precedentes na Bíblia, tais como o de Caim que matou o seu irmão Abel, os irmãos de José que o venderam aos mercadores do Egipto, etc.). O fim da parábola depende de nós, porque somos nós esses filhos de cabeça dura e somos nós que decidimos se ficamos na casa do pai, se nos reconciliamos com o nosso irmão, o ignoramos, o vendemos ou o matamos (não só fisicamente, pois há muitas formas de matar).

III.

Temos de reconhecer que Jesus é um narrador formidável de histórias incríveis. Se Jesus tivesse vivido no nosso tempo, em vez de há 2000 anos atrás, quem sabe quantos Óscares pelo roteiro teria ganho.

A parábola de hoje é verdadeiramente a mais bela de todas as histórias, porque nos fala da verdade do homem, com todas as suas misérias, e da verdade de Deus, com toda a sua grandeza.

A verdade sobre o homem expressa na figura do filho mais novo é o desejo de liberdade, independência, aventura, para não ficar eternamente em segundo lugar. Mas é também uma história de mesquinhez, de pensar que o desejo de felicidade é só nosso e não do pai; de recordar o pai apenas porque se está faminto; de ser aproveitador e ter uma cara de pau (ou cara de lata, ou cara de bronze... dependendo da região) para voltar e comer do prato em que cuspiu.

O filho mais velho também expressa outras verdades mesquinhas, o desejo de vingança mal disfarçado com o ideal de justiça: “este teu filho que desperdiçou a tua fortuna com prostitutas...”. Também ele, eternamente insatisfeito e invejoso, pensa na felicidade longe do seu pai: "nunca me deste um cabrito para me banquetear com os meus amigos" (e não contigo!).

IV.

Estamos todos demasiado familiarizados com as misérias do homem; até a Bíblia está cheia de exemplos.

O que é extraordinário nesta parábola, porém, é a verdade sobre o Pai, que é em muitos aspectos uma novidade absoluta em relação à figura de Deus do Antigo Testamento. Um pai que ama sempre, independentemente dos méritos do homem, que vai além da miséria dos seus próprios filhos (o pai sabia perfeitamente que o seu filho mais novo só tinha regressado porque tinha fome e que se ainda tivesse dinheiro não teria regressado); um pai que assume a infâmia dos seus próprios filhos.

Lembro-me de uma mãe contar uma vez a vergonha que sentiu quando os policiais entraram em sua casa para prender o seu filho por roubo. Ela disse que teria preferido ver o seu filho sair de casa num caixão para o cemitério, em vez de o ver algemado e levado para a prisão.

Eh, não querida mãe, não é assim! Naquele momento você só pensava em si própria, na sua vergonha perante os seus vizinhos, mas não pensava no seu filho. Na prisão ele terá tido tempo de se refletir, de se arrepender, e de começar uma nova vida, "aprendendo" com os seus erros. No cemitério ele non poderia ter feito nada. Amar verdadeiramente é assumir até mesmo a infâmia dos outros.

O Pai misericordioso aceita todas estas misérias e torna-as suas. Não está interessado nas motivações que levaram o filho a regressar a casa, nem sequer investiga se o filho está arrependido, mas corre para ele, abraça-o, não pára de o beijar, nem sequer o deixa falar para pedir desculpa.

O pai depois deixa a festa para ir ao encontro do outro filho, que também mostra as suas fraquezas, as suas revindicações, as suas críticas e a sua mesquinhez. O filho mais velho compreende que o seu ressentimento é ditado também pela inveja porque o seu irmão mais novo foi mais empreendedor do que ele, teve a coragem de fazer o que ele nunca teve a coragem de fazer.

E acima desta miséria toda emerge o pai que nunca se cansa, sempre aberto aos seus dois filhos que são um desastre, mas são sempre seus filhos.

V.

Quando também nós nos apercebemos da nossa miséria, das nossas falsidades, quando nos sentimos indignos perante Deus, temos de nos lembrar que Deus nos conhece melhor do que nós próprios, e mesmo assim Ele não deixará de nos amar como somos: indignos, sujos, infames... somos sempre seus filhos.

Quando fugimos de Deus em busca da felicidade ilusória, a certa altura encontramo-nos sozinhos, pastando porcos. Encontramo-nos como cavalos coxos, que já não interessam a ninguém, e que só podem ser abatidos. Como o filho mais novo que se encontra com fome, sem ninguém que o sustente, sem ninguém que se preocupe com ele, se tem fome, se está bem, se tem um lar, se tem alguém que o ama.

É um pouco como aquela experiência de solidão que temos todos quando perdemos a nossa mãe. Depois da morte da própria mãe, não resta ninguém para nos telefonar para saber se comemos, se vestimos uma camisola de lã porque o frio começou, ou se a nossa dor de barriga desapareceu. Só a mãe se preocupa realmente com isso. A Bíblia e alguns pontífices estão certos quando dizem que Deus mais do que Pai è Mãe.

Quando pensamos que Deus está zangado connosco pelo mal que cometemos, ou quando nos sentimos indignos d'Ele por qualquer razão, recordemos esta bela história do Pai-Mãe misericordioso e meditemo-la nos nossos corações.

Tomemos também coragem nas nossas mãos e digamos: "Levantar-me-ei e irei ter com o meu Pai...".

VI.

Como termina esta bela história? O filho mais novo vai ficar na casa do Pai ou vai fugir novamente? O filho mais velho se reconciliará com o seu irmão ou continuará a viver em ressentimento e incapacidade de felicidade?

"Você decide!"


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