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E NON VIDERO PIÙ NESSUNO... (Raffaello Sanzio)

Immagine del redattore:  P. Ezio Lorenzo Bono, CSF P. Ezio Lorenzo Bono, CSF



Commento al Vangelo della

Lc 9,28-36


I.

In questi giorni sono tornato per l'ennesima volta ai Musei Vaticani per accompagnare un gruppo, ed ogni volta per me è sempre un momento molto intenso di emozione. All'inizio di ogni visita dico sempre che andare in un museo è come andare al ristorante: non si può mangiare tutto quello che c'è nel menù, altrimenti si rischia l'indigestione. Così si devono fare delle scelte, soprattutto nei Musei Vaticani, tra i più grandi e importanti al mondo: 14 musei, un percorso di 7 chilometri attraverso 1.400 sale. Il primo museo che propongo è la Pinacoteca Vaticana, dove generalmente mi soffermo su quattro opere: Giotto, Leonardo, Caravaggio e, soprattutto, uno dei capolavori più grandi di Raffaello: la Trasfigurazione. Un'opera maestosa, potente, divisa in due scene. In alto, Gesù trasfigurato, sospeso nel cielo, avvolto in una luce abbacinante. Il bianco delle sue vesti è quasi accecante. Accanto a Lui, Mosè ed Elia, mentre Pietro, Giacomo e Giovanni, abbagliati dalla gloria divina, sono sopraffatti dallo stupore. La scena emana pace e trascendenza. Sotto, invece, c'è il dramma dell'umanità. Un padre disperato porta il figlio indemoniato ai discepoli, ma loro non riescono a guarirlo. Il caos, la sofferenza, la fragilità dell'uomo. E al centro, le mani che puntano verso Gesù: solo Lui è la soluzione, solo Lui ha la luce.

Raffaello, con il suo genio, ci aiuta a intuire l'esperienza intensa vissuta dagli apostoli, il perché Pietro giunge a dire: "Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne". È il desiderio di trattenere la bellezza, di fermare il tempo, di restare immersi nella luce di Dio.

II.

Il Vangelo di questa seconda domenica di Quaresima ci parla proprio di questo evento glorioso. Il bravo biblista Fernando Armellini ci invita a non soffermarci tanto sull'aspetto storico dell'avvenimento, ma su quello teologico: riconoscere nel volto sfigurato della Passione il volto trasfigurato della gloria.

Pietro non comprende pienamente ciò che accade, ma intuisce che qualcosa di grande sta avvenendo. Così anche noi, spesso, non riusciamo a spiegare del tutto la nostra fede, ma la cosa più importante è percepire che si tratta di qualcosa di bello e grande che sta accadendo nella nostra vita. I tre discepoli non volevano più scendere dal monte. E tu? Sei mai salito su quel monte? Hai già fatto un'esperienza viva della presenza di Gesù nella tua vita? Può accadere nella fede ciò che accade anche nella vita: passare anni con una persona per poi scoprire di non esserne mai stati veramente innamorati. È un dramma, così come è un dramma vivere una vita intera con Dio e accorgersi, infine, di non esserci mai realmente innamorati di Lui.

III.Per concludere.

Il quadro della Trasfigurazione era stato commissionato nel 1516 dal cardinale Giulio de' Medici (futuro Papa Clemente VII) per la cattedrale di Narbona, in Francia, ma il dipinto rimase a Roma nella chiesa di San Pietro in Montorio fino a quando Napoleone non lo fece trasferire a Parigi nel 1797. Dopo la caduta di Napoleone, nel 1816, tornò in Vaticano, dove si trova tuttora nella Pinacoteca Vaticana.

Raffaello morì il Venerdì Santo del 1520, a soli 37 anni, mentre stava ultimando questa tela. Secondo la tradizione, il suo corpo venne esposto proprio sotto il dipinto, come un ultimo tributo al suo genio. La sua morte scosse profondamente tutti, persino Papa Leone X ne fu estremamente addolorato. Vasari scrisse che “tutta Roma pianse”. Fu sepolto nel Pantheon, un onore straordinario per un artista, e sulla sua tomba fu incisa una frase memorabile: "Qui giace Raffaello, dal quale, finché visse, la Natura temette di essere superata; ora che egli è morto, teme di morire essa stessa".

Il quadro della Trasfigurazione è l'ultimo e più maturo capolavoro di Raffaello, un'opera che unisce il divino e l'umano, la luce e l'ombra, il Cielo e la Terra. Alcuni studiosi dicono che sia stata proprio la sua meditazione sulla luce divina della Trasfigurazione a dare forma al dipinto, facendo emergere in esso la sintesi della sua ricerca artistica e spirituale.

Con quest'opera, Raffaello ci lascia il suo testamento spirituale: come il racconto evangelico della Trasfigurazione ci dice che, alla fine, i discepoli non videro più nessuno, se non Gesù, così Raffaello ci ricorda che alla fine tutto passa: la gloria, il successo, l'onore... rimane solo Gesù.


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