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Immagine del redattore P. Ezio Lorenzo Bono, CSF

IF YOU WANT TO BE HAPPY, BE - 🇮🇹 SE VUOI ESSERE FELICE, SIILO - 🇵🇹 SE VOCÊ QUER SER FELIZ, SEJA

Una riflessione per Domenica 13-12-2020 (AVV. III B)

< Gv 1,6-8. 19-28 (Voce di uno che grida nel deserto 2)


I.

Qualche anno fa l’antropologo Francesco Remotti ha scritto un libro dal titolo “l’ossessione identitaria” come continuazione di un suo libro precedente intitolato “Contro l’identità”. Lui sostiene che il termine “razza” non potendo più essere usato se no si viene tacciati di razzismo, è stato sostituito col termine più elegante di “identità”. In realtà questo termine nasconde lo stesso intento discriminatorio del termine razza: “questa è la mia identità che è diversa e separata dalla tua”. In nome di questa identità locale o nazionale si difendono i confini geografici e culturali dalle “invasioni straniere”: i confini geografici costruendo muri, chiedendo porti, etc.; i confini culturali esaltando la propria identità nazionale: “American first; avant les françois; prima gli italiani...”. Papa Francesco invece di fronte a queste difese di identità particolari, difende l’identità di tutta l’umanità: Prima Tutti, Fratelli Tutti.

II.

La domenica di oggi, terza di avvento, è chiamata Domenica in laetare, cioè della gioia, come anticipazione della gioia del Natale ormai prossimo (il colore liturgico di oggi è il rosa). Come lettura del Vangelo ci saremmo aspettati oggi il racconto di uno dei misteri della gioia (annunciazione, visitazione, nascita di Gesù, presentazione al tempio, ritrovamento di Gesù al tempio) o misteri della luce (battesimo di Gesù, nozze di Cana, annuncio del Regno, Trasfigurazione, Eucarestia). Invece ci troviamo questo Vangelo sull’identità di Giovanni il Battista. Cosa c’entra con la gioia? C’entra e come. Perché per essere felici bisogna sapere chi siamo, prima ancora bisogna sapere chi non siamo. Per non vivere di illusioni, di false immagini, di menzogna. Per togliersi le maschere che spesso usiamo nei confronti di noi stessi e degli altri. Bisogna mettersi a nudo e vedere quello che siamo.

III.

È lo stesso che fece Giovanni il Battista. Di fronte a chi gli chiedeva di dire loro chi era, Giovanni disse loro chi non era. Non era il Cristo, non era Elia, non era il profeta. Quindi non ha voluto mostrarsi per quello che non era. Ha disilluso coloro che pensavano che lui fosse molto di più di quello che in realtà era.

Noi invece preferiamo mantenere le apparenze, le nostre maschere perché gli altri possano apprezzarci di più, col timore che se sapessero veramente chi siamo e quanto siamo piccoli, possano rimanere delusi. Allora preferiamo la menzogna, mentiamo a noi stessi, alle persone che incontriamo, alle persone che amiamo. Ma non si può amare nella menzogna e nelle apparenze. Ama veramente chi nonostante conosca le miserie dell’altro, continua ad amarlo.

IV.

Dopo aver detto chi non era, Giovanni dice chi è: “voce di uno che grida nel deserto”. Cioè nulla. La voce è solo uno strumento, è fatta per dire qualcosa, dipende dalla parola a essere detta. La voce non è lei il centro ma rimanda al centro, parla del centro, indica il centro. La nostra identità dunque non è nel centro di noi stessi, ma si trova spostata, in un altro centro: “Lui deve crescere ed io diminuire”. In questo mettersi a lato consiste l’identità e quindi la gioia. La stessa gioia di un educatore o un genitore che diventa inutile quando il figlio impara ad andare da solo nei sentieri della vita. La propria identità consiste nel diventare inutili, nel volere la felicità dell’altro anche se noi non ne facciamo parte.

Gioia è a un certo punto farsi da parte, lasciare spazio anche agli altri, non centralizzare tutto attorno a se, avere fiducia negli altri e non considerarli sempre degli incapaci.

V.

Gioia è mantenere la pace e tranquillità anche nei momenti avversi, come per esempio questo della pandemia. Gioia vera non è un sentimento che appare quando tutto sembra andare bene, ma che appare anche quando tutto sembra andare male. Perché non è qualcosa che dipende dagli eventi esterni a noi, ma dipende da noi.

Nei “Fioretti di San Francesco” leggiamo quel passaggio in cui frate Leone vuole scoprire cos’è perfetta letizia:

In una fredda e ventosa giornata d’inverno, San Francesco d’Assisi e frate Leone erano sulla strada che da Perugia portava a Santa Maria degli Angeli. Frate Leone chiese a Francesco:

“Padre, te lo chiedo nel nome di Dio, dimmi dove si può trovare la perfetta letizia”.

E san Francesco gli rispose così:

“Quando saremo arrivati a Santa Maria degli Angeli e saremo bagnati per la pioggia, infreddoliti per la neve, sporchi per il fango e affamati per il lungo viaggio busseremo alla porta del convento. E il frate portinaio chiederà:

Chi siete voi?

E noi risponderemo:

Siamo due dei vostri frati.

E Lui non riconoscendoci, dirà che siamo due impostori, gente che ruba l’elemosina ai poveri, non ci aprirà lasciandoci fuori al freddo della neve, alla pioggia e alla fame mentre si fa notte.

Allora se noi a tanta ingiustizia e crudeltà sopporteremo con pazienza ed umiltà senza parlar male del nostro confratello (…) scrivi che questa è perfetta letizia.

VI.

Ecco quindi che la perfetta letizia, la gioia, la felicità sono frutto di una scelta, non un punto di arrivo ma di partenza. Il motto del mio profilo facebook così della mia pagina web eziobono.com (dove potete incontrare le miei riflessioni settimanali) è questo: “If you want to be happy, be” (se vuoi essere felice, sii). Bisogna volerlo.

Bisogna scegliere.

Vi ricordate quella storia di una coppia marito e moglie che stavano andando in auto a una festa. A un certo punto la moglie disse al marito: caro prendi questa deviazione perché tra venti chilometri la strada principale è interrotta a causa di una frana. E il marito con saccenza le risponde: Ma cosa vuoi sapere tu di strade che non hai neppure la patente, taci e continua a leggere la tua rivista. La moglie fece silenzio e continuò a leggere la sua rivista. Dopo 20 chilometri trovarono la strada interrotta e dovettero tornare indietro per altri 20 chilometri per prendere la deviazione. Il marito un po’ infastidito nel vedere che la moglie aveva ragione le disse: ma se tu eri certa riguardo all’interruzione della strada, perché non hai insistito? La moglie rispose: caro, questa notte è così bella e non volevo rovinarla, e quindi tra l’avere ragione o essere felice, ho scelto di essere felice.

Essere felici è una scelta. È anche scegliere di evitare ciò che ci può rendere infelici.

VII.

Oggi dunque, domenica della gioia, della felicità, scegliamo di essere felici. Un modo di essere felici è far felice qualcuno. Oggi ciascuno di noi decida come far felice una persona: c’è solo l’imbarazzo della scelta. Può essere il marito, la moglie, il figlio, un genitore, il suocero o la suocera, un amico, un vicino, un conoscente, un collega, qualsiasi persona. La felicità è contagiosa, infatti spargendo il profumo della felicità su qualcuno, qualche goccia di sicuro rimane attaccata anche a noi.


🇵🇹 SE VOCÊ QUER SER FELIZ, SEJA

Uma reflexão para o domingo 13-12-2020 (AVV. III B)

<Gv 1,6-8. 19-28 (Voz de quem clama no deserto 2)


I.

Há alguns anos, o antropólogo Francesco Remotti escreveu um livro intitulado "Obsessão da identidade" como continuação de seu livro anterior intitulado "Contra a identidade". Ele argumenta que o termo “raça” não pode mais ser usado se não pode ser acusado de racismo, e foi substituído pelo termo mais elegante “identidade”. Na realidade, este termo esconde a mesma intenção discriminatória do termo raça: "esta é a minha identidade que é diferente e separada da sua". Em nome desta identidade local ou nacional, as fronteiras geográficas e culturais são defendidas contra as “invasões estrangeiras”: as fronteiras geográficas são defendidas construindo muros, fechando portos, etc .; as fronteiras culturais, valorizando a identidade nacional: “Americans first; avant les françois; prima gli italiani...”. O Papa Francisco, por outro lado, diante dessas defesas identitárias particulares, defende a identidade de toda a humanidade: Antes Todos, Fratelli Tutti.

II.

O domingo de hoje, terceiro domingo do Advento, chama-se domingo in laetare, isto é, da alegria, como uma antecipação da alegria do Natal que se aproxima (a cor litúrgica de hoje é rosa). Como leitura do Evangelho, hoje teríamos esperado a história de um dos mistérios da alegria (anunciação, visitação, nascimento de Jesus, apresentação no templo, encontro de Jesus no templo) ou mistérios da luz (batismo de Jesus, casamento em Caná, anúncio do Reino, Transfiguração, Eucaristia). Em vez disso, encontramos hoje este Evangelho sobre a identidade de João Batista. O que isso tem a ver com a alegria? Tem a ver sim, é muito. Porque para ser feliz você precisa saber quem é você, mas antes você precisa saber quem não é. Para não viver de ilusões, de imagens falsas, de mentiras. Para tirar as máscaras que costumamos usar em relação a nós mesmos e aos outros. Temos que ficar nus e ver o que somos.

III.

É o mesmo que João Batista fez. Na frente daqueles que lhe pediram para dizer quem ele era, João disse a eles quem ele não era. Não era o Cristo, não era Elias, não era o profeta. Então ele não queria se mostrar pelo que não era. Ele desiludiu aqueles que pensavam que ele era muito mais do que realmente era.

Em vez disso, preferimos manter as aparências, nossas máscaras para que os outros possam nos valorizar mais, com medo de que se soubessem realmente quem somos e como somos pequenos, possam ficar decepcionados. Portanto, preferimos a mentira, mentimos para nós mesmos, para as pessoas que encontramos, para as pessoas que amamos. Mas não se pode amar em mentiras e aparências. Ama verdadeiramente aqueles quem que apesar de conhecerem as misérias do outro, continuam a amá-lo.

IV.

Depois de dizer quem não era, João diz quem ele é: “a voz de quem clama no deserto”. Ou seja nada. A voz é apenas um instrumento, ela é feita para dizer algo, depende da palavra a ser dita. A voz não é o centro, mas se refere ao centro, fala do centro, indica o centro. Nossa identidade, portanto, não está no centro de nós, mas é deslocada, em outro centro: "Ele deve crescer e eu devo diminuir". Identidade e, portanto, alegria consiste em “se colocar de lado”. É a mesma alegria de um educador ou pai que se torna inútil quando o próprio jovem aprende a caminhar sozinho nos caminhos da vida. A tua identidade consiste em tornar-te inútil, em querer a felicidade do outro mesmo que não faças parte dela.

A alegria está em num dato momento se afastar, deixando espaço para os outros também, não centralizando tudo em torno de si, confiando nos outros e não considerando-os incapazes.

V.

Alegria é manter paz e tranquilidade mesmo em momentos adversos, como o da pandemia. A verdadeira alegria não é um sentimento que aparece quando tudo parece estar indo bem, mas que também aparece quando tudo parece estar indo mal. Porque não é algo que depende de eventos externos a nós, mas depende de nós.

No "Fioretti di San Francesco", lemos aquele trecho em que o irmão Leão quer descobrir o que é a alegria perfeita:

Em um dia frio e ventoso de inverno, São Francisco de Assis e o irmão Leão estavam na estrada de Perugia para Santa Maria degli Angeli. O irmão Leo perguntou a Francis:

"Pai, eu te peço em nome de Deus, diga-me onde a alegria perfeita pode ser encontrada."

E São Francisco lhe respondeu assim:

“Quando chegarmos a Santa Maria degli Angeli e estivermos molhados de chuva, com frio de neve, sujos de lama e com fome do longo caminho, bateremos à porta do convento. E o frade porteiro vai perguntar:

Quem é Você?

E nós responderemos:

Somos dois de seus frades.

E ele, não nos reconhecendo, dirá que somos dois impostores, gente que rouba esmola aos pobres, não vai nos abrir e nos deixará fora no frio da neve, da chuva e da fome enquanto a noite cai.

Portanto, se suportamos tanta injustiça e crueldade com paciência e humildade sem falar mal do nosso irmão (...) você escreve que isso é felicidade perfeita.

VI.

Conseqüentemente a alegria, a felicidade são o fruto de uma escolha, não um ponto de chegada, mas de partida. O lema do meu perfil no Facebook e também da minha página eziobono.com (onde podem encontrar as minhas reflexões semanais) é este: If you want to be happy, be (se queres ser feliz, seja). Você tem que querer isso.

Você tem que escolher.

Você se lembra daquela história sobre um casal de marido e mulher que estava dirigindo para uma festa. A certa altura, a esposa disse ao marido: querido, faça este desvio porque em vinte quilômetros a estrada principal está cortada devido a um deslizamento. E o marido responde com arrogância: Mas o que você quer saber sobre estradas que nem têm carteira de motorista, cale a boca e continue lendo sua revista. Sua esposa ficou em silêncio e continuou lendo sua revista. Após 20 quilômetros, encontraram a estrada interrompida e tiveram que voltar mais 20 quilômetros para fazer o desvio. O marido, um pouco aborrecido por ver que a mulher tinha razão, disse-lhe: mas se você tinha a certeza da interrupção do caminho, porque não insististe? A esposa respondeu: querido, esta noite é tão linda e eu não queria estragá-la, portanto, entre ter razão ou ser feliz, optei por ser feliz.

Ser feliz é uma escolha. É também escolher evitar o que pode nos deixar infelizes.

VII.

Portanto, hoje, domingo de alegria, de felicidade, optamos por ser felizes. Uma maneira de ser feliz é fazer alguém feliz. Hoje cada um de nós decide como fazer uma pessoa feliz: você tem muito por onde escolher. Pode ser o marido, a mulher, o filho, o pai, a mãe, o sogro ou sogra, um amigo, um vizinho, um conhecido, um colega, qualquer pessoa. A felicidade é contagiante, aliás, ao derramar o perfume da felicidade em alguém, algumas gotas com certeza ficam grudadas em nós também.




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