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Immagine del redattore P. Ezio Lorenzo Bono, CSF

🇮🇹 KINTSUGI: LE CICATRICI DORATE 🇵🇹  KINTSUGI: AS CICATRIZES DOURADAS 🇬🇧 KINTSUGI: THE GOLDEN SCARS




🇮🇹 KINTSUGI: LE CICATRICI DORATE

(Video e testo in 🇮🇹 italiano)

Commento al Vangelo della IV Domenica di Pasqua

Gv 10,11-18 (Io sono il Buon Pastore)


I.

Chirone era un centauro (metà uomo e metà cavallo) della mitologia greca, abile nell'arte della medicina e dell'istruzione. Un giorno mentre insegnava a Achille a usare l'arco, venne accidentalmente ferito da questi con una freccia avvelenata che gli procurò una ferita dolorosissima e inguaribile. Essendo immortale, ottenne da Zeus di essere liberato dall'immortalità e venne trasformato in una costellazione, del Centauro appunto.

Chirone, definito come il “guaritore ferito” è stato preso come modello per i guaritori e i terapeuti i quali sostengono che chi ha sperimentato su di sé la sofferenza può capire meglio la sofferenza altrui e aiutare ad affrontarla. Il nostro centauro rappresenta quindi non solo la capacità di guarire gli altri, ma anche l'importanza di abbracciare la propria vulnerabilità e trasformarla in un dono per gli altri. Quello che sembra un punto di fragilità diventa quindi un punto di forza. Carl Gustav Jung, il padre della psicologia analitica o psicologia del profondo, affermava che “il terapeuta può guarire gli altri nella misura in cui è ferito egli stesso”. Attraverso la sua propria ferita il terapeuta è in grado di entrare in contatto con il proprio dolore che gli permette di sintonizzarsi su quello altrui.

Decenni fa avevo letto il libro del famoso scrittore di spiritualità, lo psicologo e sacerdote olandese Henri Nouwen, dal titolo “Il guaritore ferito. Il ministero nella società contemporanea”, con il quale tentava di rispondere alla domanda “Cosa significa essere ministri nella società contemporanea?”. Egli delineò i tratti essenziali della figura del sacerdote come quella del “guaritore ferito”. Anche lui si basò sulla metafora di Chirone, per esplorare il tema del dolore e della sofferenza nel ministero religioso. Affronta la questione della vulnerabilità del sacerdote, la sua propria umanità e le sfide che affronta nel suo servizio agli altri. Insiste sulla necessità di accogliere la propria fragilità come parte integrante del servizio spirituale.

II.

La quarta domenica del tempo di Pasqua che celebriamo, è stata scelta come giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, in quanto il Vangelo ci parla della figura del Buon Pastore.

Vi devo confessare che tra tutte le definizioni che Gesù si è attribuito (Io sono la porta, la vite, via-verità-vita, maestro, etc.) quella del pastore è quella che mi piace meno. Infatti, qual è la missione del pastore? Quella di prendersi cura delle pecore perché muoiano di vecchiaia felici e contente riparate nel recinto dell'ovile? No, la missione del pastore è di far arrivare le pecore nella miglior forma possibile al mattatoio per essere macellate. Aggiungere l'aggettivo “buon” (buon pastore) è solo per addolcire la pillola, ma non cambia la meta finale (il mattatoio). Sarebbe come chiamare buono un boia che si prende cura del condannato e lo tratta con gentilezza mentre lo accompagna alla ghigliottina. Nei nostri giorni poi, dove le immagine auliche della pastorizia sono pressoché aliene ai più, l'esempio del pastore non dice molto, anzi, può suscitare una reazione nell'uomo contemporaneo che aberra di essere comparato a dei pecoroni (già a suo tempo Nietzsche aveva inveito contro il “pecorismo nazareno”). Penso che se Gesù venisse oggi non userebbe più la metafora del pastore ma forse quella del maestro o del medico che hanno come obiettivo non quello di condurre al mattatoio, ma alla conoscenza, alla vita (la guarigione) che è lo stesso obiettivo di Gesù Via-Verità-Vita.

Mi piace molto vedere nel sacerdote la figura del guaritore ferito, come un compagno nel cammino di fede che anche lui, come i suoi compagni di viaggio, percorre la via, sostenendo chi vacilla nella fede. Anche lui un povero essere umano come tutti gli altri, che a sua volta può cadere e chiedere aiuto per rialzarsi, per confermarsi a vicenda nella fede.

Se per Jung un buon terapeuta non dovrebbe allontanarsi mai dall'idea di se stesso come paziente, così il sacerdote non dovrebbe allontanarsi mai dall'idea che anche lui è un cristiano fragile in cammino. In questo modo potrà suscitare in ogni cristiano che cammina con lui quell'affascinante potere di trovare dentro se stesso, anche in fasi di grande sofferenza un dolce guaritore.

Questo povero cristiano, che è il sacerdote, nonostante tutte le sue fragilità, è stato però investito del più grande dono che un essere umano possa ricevere, quello di trasformare del pane e del vino nel corpo e sangue di Dio, e di perdonare i peccati. Un miracolo che solo lui può operare, nessun altro lo può fare né in terra né in cielo. Il Santo curato d'Ars, patrono dei sacerdoti, è arrivato anche a dire qualcosa che sembra paradossale: "Andate a confessarvi con la Santa Vergine o con un angelo. Vi assolveranno? Vi daranno il corpo e il sangue di Nostro Signore? No, la Santa Vergine non può far discendere il suo divin Figlio nell'ostia. Anche se aveste duecento angeli là per voi, non potrebbero assolvervi. Un sacerdote, per quanto semplice sia, può farlo. Può dirvi: andate in pace, vi perdono". Lo stesso San Giovanni Maria Vianney disse che se il sacerdote si rendesse pienamente conto di cosa sta facendo quando celebra la messa, impazzirebbe di felicità. Per questo vi dissi già in un'altra occasione che quando celebra la messa, il sacerdote entra in una specie di “sospensione della coscienza”, altrimenti non potrebbe resistere alla forza travolgente del mistero che sta celebrando.

Preghiamo oggi e sempre per le vocazioni, perché nel nostro cammino di fede non manchino mai questi compagni di viaggio che ogni giorno operano il miracolo di rendere presente Dio con il suo corpo e il suo sangue e il perdono dei peccati.

III.In conclusione.

Nella tradizione giapponese esiste un'arte di riparare ceramiche, vasi, tazzine rotti usando oro fuso. Questa arte è nota come "kintsugi" (o "kintsukuroi" che significa riparare o legare con l'oro - kin) e consiste nel riunire i pezzi di un oggetto rotto usando una resina speciale o colla, e nel riempire le crepe con polvere d'oro o oro fuso. In questo modo non solo si ripara l'oggetto danneggiato, ma si crea anche un nuovo design che mette in risalto le cicatrici e le imperfezioni, trasformando così il danno in bellezza. Questa arte del kintsugi riflette il concetto filosofico che le cicatrici e le fratture possono arricchire e valorizzare la bellezza e il valore dell'oggetto riparato, così come le sofferenze possono far diventare una persona ancora più bella.

Il sacerdote è come un artista del kintsugi, che dopo aver riparato le fratture della propria anima facendovi colare l'oro divino, aiuta gli altri a ricomporre le loro fratture colandovi lo stesso oro, seguendo l'esempio di Gesù che imparò l'obbedienza (l'ascolto) dalle cose che patì. Dalle sue piaghe siamo stati guariti.

l risultato finale sarà strabiliante: se l'artigiano kintsugi ricreerà il manufatto striato d'oro, percorso da linee che lo rendono nuovo, diverso, bellissimo, così il “guaritore ferito” ci aiuterà a sanare le nostre cicatrici rendendoci ancora più forti e belli, perché saremo rimessi insieme non da un metallo “destinato a perire”, ma dall'oro divino che è il corpo e sangue di Gesù e il perdono dei peccati, con la cui potenza unificatrice nessun oro del mondo potrà mai competere.

Non preoccupiamoci dunque delle nostre cicatrici perché sono cicatrici dorate che ci donano una forma di bellezza e di perfezione superiore: dalla loro accettazione e rimarginazione, prendono il via i processi di rigenerazione e di rinascita interiore che ci rendono persone nuove, risorte, ancora più belle di prima.


  • Musica di fondo: Sting - Fields of Gold - Piano

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I video (in italiano, portoghese e inglese) dei miei commenti al Vangelo della Domenica li potete trovare sulla mia Pagina Facebook, sul mio canale Youtube o sul mio canale Whatsapp. I testi dei commenti tradotti in inglese e portoghese li potete trovare sulla mia WebPage.







🇵🇹  KINTSUGI: AS CICATRIZES DOURADAS

(Vídeo e texto em 🇵🇹 português)

Comentário ao Evangelho do IV Domingo de Páscoa

Jv 10,11-18 (Eu sou o Bom Pastor)


I.

Quíron era um centauro (metade homem, metade cavalo) da mitologia grega, hábil na arte da medicina e da educação. Um dia, enquanto ensinava Aquiles a usar o arco, foi acidentalmente ferido por este último com uma seta envenenada que lhe provocou uma ferida muito dolorosa e incurável. Sendo imortal, obteve de Zeus a libertação da imortalidade e foi transformado numa constelação, do Centauro.

Quíron, definido como o "curador ferido", foi tomado como modelo para médicos e terapeutas que afirmam que aqueles que experimentaram o sofrimento em si próprios podem compreender melhor o sofrimento dos outros e ajudar a lidar com ele. O nosso centauro representa, assim, não só a capacidade de curar os outros, mas também a importância de abraçar a própria vulnerabilidade e de a transformar numa dádiva para os outros. O que parece ser um ponto de fragilidade torna-se então um ponto de força. Carl Gustav Jung, o pai da psicologia analítica ou da psicologia do profundo, afirmou que "o terapeuta pode curar os outros na medida em que ele próprio está ferido". Através da sua própria ferida, o terapeuta é capaz de entrar em contacto com a sua própria dor, o que lhe permite sintonizar-se com a dos outros.

Há décadas, li o livro do famoso escritor de espiritualidade, o psicólogo e padre holandês Henri Nouwen, intitulado "O Curador Ferido. O ministério na sociedade contemporânea", no qual tentava responder à pergunta "O que significa ser um ministro na sociedade contemporânea?". Ele delineou as características essenciais da figura do padre como a do "curador ferido". Também se baseou na metáfora de Quíron para explorar o tema da dor e do sofrimento no ministério religioso. Aborda a questão da vulnerabilidade do padre, a sua própria humanidade e os desafios que enfrenta no seu serviço aos outros. Insiste na necessidade de abraçar a própria fragilidade como parte integrante do serviço espiritual.

II.

O quarto domingo do tempo pascal, que estamos a celebrar, foi escolhido como Dia Mundial de Oração pelas Vocações porque o Evangelho nos fala da figura do Bom Pastor.

Devo confessar que de todas as definições que Jesus atribuiu a si mesmo (eu sou a porta, a videira, o caminho-verdade-vida, o mestre, etc.) a de pastor é a que menos me agrada. De facto, qual é a missão do pastor? A de cuidar das ovelhas para que morram de velhice felizes e contentes, abrigadas no redil? Não, a missão do pastor é fazer com que as ovelhas cheguem da melhor forma possível ao matadouro para serem abatidas. Acrescentar o adjetivo "bom" (bom pastor) serve apenas para adoçar a pílula, mas não altera o objetivo final (o matadouro). Seria o mesmo que chamar bom a um carrasco que cuida do condenado e o trata com bondade enquanto o acompanha até à guilhotina. Nos nossos dias, em que as imagens corteses do pastoreio são quase estranhas para a maioria, o exemplo do pastor não diz grande coisa; aliás, pode provocar uma reação no homem contemporâneo, que se sente incomodado por ser comparado a uma ovelha (Nietzsche já no seu tempo se tinha insurgido contra o "nazarismo ovino"). Penso que, se Jesus viesse hoje, já não usaria a metáfora do pastor, mas talvez a do professor ou do médico, cujo objetivo não é conduzir ao matadouro, mas ao conhecimento, à vida (cura), que é o mesmo objetivo de Jesus Caminho-Verdade-Vida.

Gosto muito de ver no padre a figura do curandeiro ferido, como um companheiro de viagem da fé que, tal como os seus companheiros de viagem, também percorre o caminho, apoiando aqueles que vacilam na fé. Também ele é um pobre ser humano como todos os outros, que por sua vez pode cair e pedir ajuda para se levantar, para se confirmarem mutuamente na fé.

Se, para Jung, um bom terapeuta nunca deve afastar-se da ideia de si próprio como paciente, também o padre nunca deve afastar-se da ideia de que também ele é um frágil cristão a caminho. Deste modo, ele pode suscitar em cada cristão que caminha com ele esse poder fascinante de encontrar em si mesmo, mesmo em momentos de grande sofrimento, um suave curador.

Este pobre cristão, que é o padre, apesar de todas as suas fragilidades, foi no entanto investido com o maior dom que um ser humano pode receber, o de transformar o pão e o vinho no corpo e no sangue de Deus, e de perdoar os pecados. Um milagre que só ele pode realizar, ninguém mais o pode fazer na terra ou no céu. O Santo Cura d'Ars, patrono dos padres, chegou mesmo a dizer algo que parece paradoxal: "Confessa-te com a Santíssima Virgem ou com um anjo. Será que eles te absolvem? Dar-vos-ão o corpo e o sangue de Nosso Senhor? Não, a Santíssima Virgem não pode fazer descer o seu divino Filho à hóstia. Mesmo que tivésseis duzentos anjos ao vosso lado, eles não poderiam absolver-vos. Um padre, por mais simples que seja, pode fazê-lo. Ele pode dizer-te: vai em paz! Ele pode dizer-vos: "Ide em paz, eu perdoo-vos". O próprio S. João Maria Vianney dizia que, se o padre tivesse plena consciência do que está a fazer quando celebra a Missa, ficaria louco de felicidade. É por isso que já vos disse noutra ocasião que, quando celebra a Missa, o sacerdote entra numa espécie de "suspensão da consciência", caso contrário não conseguiria resistir à força avassaladora do mistério que está a celebrar.

Rezemos hoje e sempre pelas vocações, para que no nosso caminho de fé nunca faltem estes companheiros de viagem que todos os dias fazem o milagre de tornar Deus presente com o seu corpo e sangue e o perdão dos pecados.

III.

Para concluir.

Na tradição japonesa, existe uma arte que consiste em reparar, com ouro derretido, cerâmicas, vasos e copos partidos. Esta arte é conhecida por "kintsugi" (ou "kintsukuroi", que significa reparar ou ligar com ouro - kin) e consiste em juntar os pedaços de um objeto partido com uma resina ou cola especial e preencher as fendas com pó de ouro ou ouro fundido. Deste modo, não só se repara o objeto danificado, como também se cria um novo desenho que realça as cicatrizes e imperfeições, transformando assim o dano em beleza. Esta arte do kintsugi reflecte o conceito filosófico de que as cicatrizes e as fracturas podem enriquecer e realçar a beleza e o valor do objeto reparado, tal como o sofrimento pode tornar uma pessoa ainda mais bela.

O sacerdote é como um artista kintsugi que, depois de ter reparado as fracturas da sua própria alma, deitando nelas o ouro divino, ajuda os outros a reparar as suas fracturas, deitando nelas o mesmo ouro, seguindo o exemplo de Jesus que aprendeu a obediência (a escuta) com as coisas que sofreu. Pelas suas feridas somos curados.

O resultado final será surpreendente: se o artesão do kintsugi recria o artefacto riscado de ouro, atravessado por linhas que o tornam novo, diferente, belo, também o "curandeiro ferido" nos ajudará a curar as nossas cicatrizes, tornando-nos ainda mais fortes e mais belos, porque seremos recompostos não por um metal "destinado a perecer", mas pelo ouro divino que é o corpo e o sangue de Jesus e o perdão dos pecados, com cujo poder unificador nenhum ouro do mundo pode competir.

Por isso, não nos preocupemos com as nossas cicatrizes, porque são cicatrizes de ouro que nos dão uma forma superior de beleza e perfeição: a partir da sua aceitação e cura, começam os processos de regeneração e renascimento interior que nos tornam pessoas novas, ressuscitadas, ainda mais belas do que antes.


  • Música de fundo: Sting - Fields of Gold - Piano

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Os vídeos (em italiano, português e inglês) dos meus comentários ao Evangelho de domingo podem ser encontrados na minha página do Facebook, no meu canal do Youtube ou no meu canal do Whatsapp. Os textos dos comentários traduzidos em inglês e português podem ser encontrados na minha página web.







🇬🇧KINTSUGI: THE GOLDEN SCARS

(Video and text in 🇬🇧 English)

Commentary on the Gospel of the IV Easter Sunday

Jn 10,11-18 (I am the Good Shepherd)


I.

Chiron was a centaur (half-man, half-horse) from Greek mythology, skilled in the art of medicine and education. One day while teaching Achilles how to use a bow, he was accidentally wounded by the latter with a poisoned arrow that gave him a very painful and incurable wound. Being immortal, he obtained from Zeus to be freed from immortality and was transformed into a constellation, the Centaur.

Chiron, defined as the 'wounded healer', has been taken as a model for healers and therapists who claim that those who have experienced suffering on themselves can better understand the suffering of others and help to deal with it. Our centaur thus represents not only the ability to heal others, but also the importance of embracing one's own vulnerability and turning it into a gift for others. What appears to be a point of fragility then becomes a point of strength. Carl Gustav Jung, the father of analytical psychology or depth psychology, stated that 'the therapist can heal others to the extent that he is wounded himself'. Through his own wound, the therapist is able to get in touch with his own pain, which allows him to tune into that of others.

Decades ago I read the book by the famous writer on spirituality, the Dutch psychologist and priest Henri Nouwen, entitled 'The Wounded Healer. The ministry in contemporary society', in which he attempted to answer the question "What does it mean to be a minister in contemporary society?". He outlined the essential features of the figure of the priest as that of the 'wounded healer'. He also drew on the metaphor of Chiron to explore the theme of pain and suffering in religious ministry. He addresses the issue of the vulnerability of the priest, his own humanity and the challenges he faces in his service to others. He insists on the need to embrace one's fragility as an integral part of spiritual service.

II.

The fourth Sunday of Easter time, which we are celebrating, has been chosen as the World Day of Prayer for Vocations because the Gospel speaks to us of the figure of the Good Shepherd.

I must confess that of all the definitions that Jesus attributed to himself (I am the door, the vine, the way-truth-life, the teacher, etc.) that of the shepherd is the one I like least. In fact, what is the shepherd's mission? That of caring for the sheep so that they die of old age happily and contentedly sheltered in the sheepfold enclosure? No, the shepherd's mission is to get the sheep in the best possible shape to the slaughterhouse to be slaughtered. Adding the adjective 'good' (good shepherd) is only to sweeten the pill, but it does not change the final goal (the slaughterhouse). It would be like calling an executioner good who takes care of the condemned man and treats him kindly as he escorts him to the guillotine. In our days then, where the courtly images of shepherding are almost alien to most, the example of the shepherd does not say much, indeed, it may provoke a reaction in contemporary man who aberrates at being compared to sheep (Nietzsche had already in his time railed against 'Nazarene sheepishness'). I think that if Jesus were to come today, he would no longer use the metaphor of the shepherd, but perhaps that of the teacher or the doctor whose goal is not to lead to the slaughterhouse, but to knowledge, to life (healing), which is the same goal as Jesus Way-Truth-Life.

I really like to see in the priest the figure of the wounded healer, as a companion on the journey of faith who also, like his fellow travellers, treads the path, supporting those who waver in faith. He too is a poor human being like everyone else, who in turn can fall and ask for help to get back up, to confirm each other in faith.

If for Jung a good therapist should never turn away from the idea of himself as a patient, so the priest should never turn away from the idea that he too is a fragile Christian on the way. In this way he can arouse in every Christian walking with him that fascinating power of finding within himself, even in times of great suffering, a gentle healer.

This poor Christian, who is the priest, despite all his frailties, has nevertheless been invested with the greatest gift a human being can receive, that of transforming bread and wine into the body and blood of God, and of forgiving sins. A miracle that only he can perform, no one else can do it on earth or in heaven. The Holy Curate of Ars, patron of priests, even went so far as to say something that seems paradoxical: "Go to confession with the Blessed Virgin or with an angel. Will they absolve you? Will they give you the body and blood of Our Lord? No, the Blessed Virgin cannot make her divine Son descend into the host. Even if you had two hundred angels there for you, they could not absolve you. A priest, however simple he may be, can do it. He can say to you: go in peace, I forgive you'. St John Mary Vianney himself said that if the priest fully realise what he is doing when he celebrate Mass, he would go mad with happiness. That is why I have already told you on another occasion that when the priest  celebrates Mass, he enters into a kind of "suspension of conscience", otherwise he could not resist the overwhelming power of the mystery he is celebrating.

Let us pray today and always for vocations, so that our journey of faith will never lack these fellow travellers who every day work the miracle of making God present with his body and blood and the forgiveness of sins.

III.

In conclusion.

In the Japanese tradition, there is an art of repairing broken pottery, vases, cups using molten gold. This art is known as 'kintsugi' (or 'kintsukuroi' meaning to repair or bind with gold - kin) and consists of bringing together the pieces of a broken object using a special resin or glue, and filling the cracks with gold dust or molten gold. This not only repairs the damaged object, but also creates a new design that highlights the scars and imperfections, thus transforming damage into beauty. This art of kintsugi reflects the philosophical concept that scars and fractures can enrich and enhance the beauty and value of the repaired object, just as suffering can make a person even more beautiful.

The priest is like a kintsugi artist, who, after repairing the fractures of his own soul by pouring divine gold into them, helps others to mend their fractures by pouring the same gold into them, following the example of Jesus who learned obedience (listening) from the things he suffered. By his wounds we are healed.

The end result will be astonishing: if the kintsugi craftsman recreates the artefact streaked with gold, traversed by lines that make it new, different, beautiful, so will the 'wounded healer' help us heal our scars, making us even stronger and more beautiful, because we will be put back together not by a metal 'destined to perish', but by the divine gold that is the body and blood of Jesus and the forgiveness of sins, with whose unifying power no gold in the world can ever compete.

So let us not worry about our scars because they are golden scars that give us a superior form of beauty and perfection: from their acceptance and healing, the processes of regeneration and inner rebirth begin, that make us new people, resurrected, even more beautiful than before.


  • Background music: Sting - Fields of Gold - Piano

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The videos (in Italian, Portuguese and English) of my commentaries on the Sunday Gospel can be found on my FacebookPage, my Youtube channel or my Whatsapp channel. The texts of the comments translated into English and Portuguese can be found on my WebPage.

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