ABUSIVI...
Una riflessione per Domenica 15-11-2020 (TC-A XXXIII)
< Mt 25,14-30 (Parabola dei talenti)
I.
Quando lavoravo all’università, avevo un funzionario che si lamentava sempre, perché non gli piaceva la mansione che doveva svolgere, e rimaneva tutto il giorno a lamentarsi, rivendicando un ruolo di maggior prestigio, e restava senza far niente, senza dar prova di quello che sapeva fare. E la cosa peggiorava quando si presentavano delle missioni importanti ed io incaricavo altri impiegati che già avevano tante altre mansioni e questo aumentava ancora di più la frustrazione di quel funzionario. Ma perché non incaricavo lui che aveva poco da fare? Perché non sapevo cosa sapeva fare oltre che a lamentarsi e trattandosi di missioni complicate dovevo essere sicuro che sarebbe andato tutto a buon fine incaricando chi aveva già dato prova di essere capace di svolgere dei lavori più semplici. Ma da uno che non sapeva svolgere una mansione semplice, come potevo avere la garanzia che avrebbe svolto bene una missione più difficile?
II.
Questo esempio ci aiuta a capire l’atteggiamento strano del signore della parabola dei talenti che toglie l’unico talento all’ultimo servo per darlo a chi ne aveva già dieci. Quel ricco signore sapeva che il primo servo avrebbe fatto fruttare al meglio quel talento, perché aveva dato prova di dedizione e creatività. Perché chi é fedele nel poco lo é anche nel molto. Ma chi non sa svolgere una piccola mansione, come potrà svolgerne una più grande?
E non è questione di numero di talenti. Non dobbiamo pensare che i primi due sono stati più bravi perche avevano ricevuto più talenti. Se il terzo servo avesse ricevuto 5 talenti, invece di sotterrarne uno ne avrebbe sotterrati cinque.
III.
Però rimane più comodo giustificare la nostra inerzia lamentandoci dicendo che gli altri hanno avuto condizioni migliori, che per loro è stato più facile, che sono stati avvantaggiati, e che se noi avessimo le stesse condizione potremmo fare di meglio, etc. Mi ricordo che una volta un Superiore di una Congregazione mi disse che un suo religioso che era vice parroco si lamentava continuamente perché voleva fare il parroco, e diceva che non aveva la possibilità di mostrare le sue capacità, che i superiori non credevano in lui, etc. e così non faceva niente e rimaneva tutto giorno nella sua stanza a dormire o attaccato alla tv o al computer. E questo Superiore mi diceva: come posso dargli l’incarico di parroco se come vice parroco non fa assolutamente nulla?
IV.
Ciò che si condanna in questa parabola non sono gli errori che i servi avrebbero potuto commettere, ma l’aver fatto assolutamente niente. Penso che se uno dei primi due servi avesse lavorato, trafficato, investito, sudato e avesse perso tutto, avrebbe ricevuto un trattamento meno duro del servo che invece ha sotterrato il talento. Perché almeno ha tentato, ha rischiato, ha messo in gioco la propria vita... perlomeno potrà imparare qualcosa dagli errori fatti per non ripeterli in futuro. Ma uno che non fa niente rimarrà sempre un nullafacente, non imparerà niente e resterà sempre allo stesso punto.
V.
A volte quando confesso nella mia terra d’origine, a Bergamo, ci sono degli anziani che usano dire: “copá ö mia copát, robá ö mia robát, ö facc negöt de mal, sö a post issé” (uccidere non ho ucciso, rubare non ho rubato, non ho fatto niente di male, sono a posto così). E no che non sei a posto così. Non basta non aver ucciso, rubato né aver fatto niente di male, bisogna fare il bene o almeno tentare di fare qualcosa di bene.
Quello che ci chiede il Signore è di muoverci, darci da fare, lavorare, indipendentemente dai risultati. È meglio tentare, rischiare e sbagliare piuttosto che non sbagliare mai e non fare niente. Perché fare niente è già uno sbaglio, perché è non vivere, è lasciarci sfuggire la vita dalle mani e non avere fatto fruttificare i doni ricevuti. E il dono più grande concesso è la capacità di amare. Ma c’è chi per paura di amare rinuncia all’amore. E allora vive per fare che cosa? Per consumare l’ossigeno dell’aria o gli alimenti della natura per mangiare e bere? Uno che vive senza amare, sta occupando abusivamente lo spazio nel mondo.
VI.
Si può amare in tanti modi, oltre ad amare i familiari, amici e conoscenti, riempiendo di amore ogni nostro piccolo gesto, aiutando nel limite del possibile chi ha bisogno, dicendo parole buone a chi non le sente mai, dando un sorriso a chi incontriamo (sorridere è un gesto di amore, infatti non sorridiamo a qualcuno che odiamo), pregando per le persone che amiamo e per tutti quelli che soffrono e hanno bisogno della consolazione del Signore. Nessuno è esentato dalla missione di amare. Non serve dire che abbiamo già amato moto in passato, perché il verbo amare possiede solo la coniugazione al presente (vi ricordate la frase di quella bellissima poesia che vi ho già citato: “Solo l’amare, solo il conoscere conta. Non l’aver amato, non l’aver conosciuto”). Perché chi ha amato una volta continua vivere nell’amore, continua ad essere amore.
VII.
Per concludere vorrei riproporvi quello che lessi alcuni anni fa e diceva che un uomo all’autunno della sua vita era salito su una collina e calpestando le foglie secche sentiva una voce che diceva: Vedi queste foglie secche? Sono tutte le parole d’amore che avresti potuto dire lungo la tua vita e non hai detto mai. Continuando vide un prato con l’erba ricoperta di rugiada e ancora la stessa voce diceva: Vedi queste gocce di rugiada? Son tutte le lacrime che avresti potuto versare per amore e non hai versato mai. E infine in cima alla montagna incontrò molti alberi senza foglie e dal vento che soffiava tra i rami uscì la voce che diceva: Vedi tutti questi rami? Sono tutti gli abbracci che avresti potuto dare nella tua vita e non hai dato mai. Quell’uomo che pensava di non aver fatto mai niente di male nella sua vita si accorse che non aveva fatto neppure niente di bene e quindi di aver passato una vita intera senza aver vissuto.
E quando si presenterà davanti al Signore e gli dirà “Io non ho fatto niente” si sentirà rispondere: Servo malvagio e pigro. E non ci sarà posto nel regno infinito della vita e dell’amore per chi non ha vissuto e amato nel mondo finito.
(eziolorenzobono@hotmail.com)
Comments