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Immagine del redattore P. Ezio Lorenzo Bono, CSF

🇮🇹 ALLEATI DEL SOGNO DI DIO 🇵🇹 ALIADOS DO SONHO DE DEUS


🇮🇹 ALLEATI DEL SOGNO DI DIO

(Video e testo in italiano)

Una riflessione per la XV Domenica del Tempo Comune A (16–7-2023)

< Mt 13,1-23(La parabola del seminatore)

I.

Jean-François Millet, è uno dei maggiori esponenti del realismo francese, ha descritto nei suoi dipinti molte scene di vita contadina, che lui, figlio di contadini, ha saputo rappresentare con molto realismo e dignità. Al Musée d’Orsay di Parigi avevo visto tempo fa le sue famose opere come “Le spigolatrici” o il bellissimo “L’Angelus” dove una coppia di giovani contadini, al suono delle campane, interrompe il lavoro nei campi per pregare l’Angelus. Un altro capolavoro di Millet l’ho visto pochi anni fa al “Museum of Fine Arts” di Boston, si tratta del “Seminatore”, un tema che ha ripreso più volte in altri quadri e che ha ispirato anche il famoso dipinto dallo stesso titolo, di van Gogh.

Nel “Seminatore” di Millet, vediamo una figura imponente, che getta con larga bracciata i semi avanzando solennemente con una lunga falcata in un terreno scosceso, mentre all’orizzonte uno stormo di corvi in volo sono pronti ad accaparrarsi i semi appena sparsi. Il seminatore però appare incurante della minaccia dei corvi, come se non si preoccupasse che quegli uccelli potessero compromettere il suo lavoro e la sua fatica. La sua faccia è coperta per metà da un cappello, forse con l’intento di non far riconoscere chi egli sia.

II.

È questa figura che mi è balzata alla mente quando stavo preparando questa riflessione sulla parabola del seminatore.

Gesù ci parla di questo seminatore che a tutti noi sembra un incapace o uno sprecone, infatti getta tre quarti dei semi in un luogo improprio, e solo un quarto nella terra buona. Perché non getta i semi solo sulla terra buona, o meglio ancora su quella parte della terra buona che produce il cento per uno? Questo seminatore infrange le leggi del marketing, della maggior produttività con il minor dispendio.

Eppure il seminatore della parabola, come quello di Millet, non sembra preoccupato dei benefici personali, ma è solamente preoccupato di seminare. Forse perché sa che nessun seme andrà sprecato. Gesù stesso spiega nella parabola di oggi la sorte di ogni seme gettato.

I semi gettati sui rovi, (e cioè su chi si lascia soffocare delle preoccupazioni e seduzioni del mondo) sono come gocce di balsamo che alleviano l’affanno della vita quotidiana, uno squarcio, seppur breve, di luce che si apre in una vita coperta da nuvole pesanti.

I semi gettati sui sassi (e cioè su chi accoglie con entusiasmo la parola ma è incostante e subito viene meno) sono quei semi che, dopo i fugaci entusiasmi e euforie spirituali, rimangono impressi nel cuore come un bacio di Dio il cui ricordo ogni volta suscita una profonda nostalgia (o saudade).

Così pure i semi gettati sulla strada, (e cioè su chi poi si lascia dominare dal maligno) sono come un tocco di Dio in tante vite distratte che hanno sentito parlare di Dio ma che poi vengono distolte dal male. La sensazione di quel tocco però rimane, magari come un ricordo labile, ma rimane. Anche i semi mangiati dai passeri non vanno sprecati: sono almeno serviti a nutrire gli uccelli del cielo.

III.

Niente quindi viene sprecato. Per questo non abbiamo scuse per non seminare. Anche se tutti i ragazzi del catechismo dopo la cresima spariscono, o le persone che prima venivano in chiesa ora non vengono più, non dobbiamo angustiarci. I semi gettati rimangono come un ricordo importante, come insegnamenti che orientano la vita e aiutano a discernere tra il bene e il male, come un tocco o un bacio di Dio che ci ricorda che non siamo soli, che siamo suoi.

La Chiesa quindi non deve limitarsi a seminare la parola di Dio solo tra le quattro mura della chiesa come se si trattasse di una serra dove la terra è ben concimata, c’è un sistema di irrigazione ben strutturato e una copertura che protegge il seme dagli agenti atmosferici dannosi… Dobbiamo lasciare le serre per aprirci al mondo (“Chiesa in uscita” ci dice il Papa). Come il seminatore del Vangelo che getta i semi in tutti i luoghi, anche quelli più impervi e inusitati, perché i semi gettati non ritornano a Dio senza avere dato qualche frutto. Come l’acqua del cielo come abbiamo sentito nella prima lettura che cade dappertutto e non ritorna a Dio senza aver operato ciò per cui era stata mandata.

Come dicevo domenica scorsa: noi dobbiamo seminare e poi è Dio che fa crescere.

Ognuno di noi deve trovare il modo per parlare di Dio a chi non costuma sentire la sua parola. Noi cristiani siamo gli evangelizzatori del terzo millennio. (Io in questi ultimi tempi sto raggiungendo settimanalmente via Facebook, Youtube, etc. con le mie riflessioni varie persone che non vanno mai in chiesa, in questo modo hanno la possibilità di ascoltare la Parola di Dio che in altro modo non ascolterebbero).

IV.

Non pensiamo che il mondo non voglia più ascoltare la parola di Dio, ne è invece molto assetato. Bisogna solo trovare il modo di comunicare con gli uomini d’oggi.

Per esempio, alla fine del mese scorso (23-6-2023) Papa Francesco ha ricevuto nella Cappella Sistina centinaia di grandi artisti di vari campi (della musica come Ligabue, Mogol; della letteratura come Alessandro Baricco, dell’arte come Kiefer e molti altri). Tutti loro che sono dei grandi nelle loro arti, erano commossi seduti nella Cappella Sistina davanti al giudizio universale di Michelangelo ascoltando le parole del Papa che diceva loro: “La creatività dell’artista sembra così partecipare della passione generativa di Dio. Quella passione con la quale Dio ha creato. Siete alleati del sogno di Dio!”. Con quel bellissimo messaggio il Papa li ha conquistati tutti.

Ciascuno di noi è un artista, un alleato del sogno di Dio, quando contribuiamo alla sua creazione, quando mettiamo al mondo un figlio, quando diamo speranza a qualcuno, quando facciamo del bene, quando seminiamo il sogno di Dio in questo nostro mondo disincantato che non ha più tempo di sognare. Abbiamo occhi, dice il Papa, non solo per guardare ma per sognare.

V.

Per concludere. Si dice che Millet abbia voluto nascondere il volto del seminatore con un cappello, per rappresentare tutti i contadini. A me piace vedere dietro quel cappello lo stesso Dio che semina ancora oggi in questo mondo la sua parola, con generosità. Così pure mi piace vedere in quel volto coperto ciascuno di noi che dobbiamo sempre essere generosi e generativi, seminare speranza fino all’ultimo giorno della nostra vita, noncuranti dei corvi sempre in agguato perché anche noi, come gli artisti, siamo alleati del sogno di Dio.

  • Immagine di fondo: Il Seminatore, Jean-François Millet, Muséum of Fine Arts,, Boston

  • Musica di fondo: Beethoven, Symphony No.6 PASTORALE piano version


🇵🇹 ALIADOS DO SONHO DE DEUS

(Vídeo e texto em 🇵🇹 português)

Uma reflexão para o XV Domingo do Tempo Comum A (16-7-2023)

< Mt 13,1-23 (A parábola do semeador)

I.

Jean-François Millet, um dos maiores expoentes do realismo francês, retratou nas suas pinturas muitas cenas da vida camponesa, que ele, filho de camponeses, soube retratar com grande realismo e dignidade. No Musée d'Orsay, em Paris, tinha visto as suas famosas obras, como "Os respigadores" ou o belo "O Angelus", em que um casal de jovens camponeses, ao som de sinos, interrompe o seu trabalho nos campos para rezar o Angelus. Outra das obras-primas de Millet que vi há alguns anos no “Museum of Fine Arts” de Boston foi "O Semeador", um tema que repetiu várias vezes noutros quadros e que também inspirou o famoso quadro com o mesmo título de van Gogh.

No "Semeador" de Millet, vemos uma figura imponente, solene, lançando sementes com um longo passo através de um terreno íngreme, enquanto no horizonte um bando de corvos em voo está pronto para agarrar as sementes recém-espalhadas. O semeador, no entanto, parece despreocupado com a ameaça dos corvos, como se não se importasse com o facto de essas aves poderem pôr em risco o seu trabalho e a sua fadiga. O seu rosto está meio coberto por um chapéu, talvez com a intenção de não deixar que as pessoas reconheçam quem ele é.

II.

Foi esta figura que me veio à mente quando preparava esta reflexão sobre a parábola do semeador.

Jesus fala-nos deste semeador que, para todos nós, parece ser um incompetente ou um esbanjador: de facto, ele semeia três quartos das sementes num lugar impróprio e apenas um quarto numa boa terra. Porque é que ele não semeia apenas na terra boa, ou melhor, na parte da terra boa que produz cem vezes mais? Este semeador viola as leis da comercialização, da maior produtividade com o menor gasto.

No entanto, o semeador da parábola, tal como o de Millet, não parece estar preocupado com o benefício pessoal, mas apenas com a sementeira. Talvez porque sabe que nenhuma semente será desperdiçada. O próprio Jesus explica, na parábola de hoje, o destino de cada semente lançada.

As sementes lançadas sobre as silvas (ou seja, sobre aqueles que se deixam sufocar pelas preocupações e seduções do mundo) são como gotas de bálsamo que aliviam o cansaço da vida quotidiana, um rasgo, ainda que breve, de luz que se abre numa vida coberta por nuvens pesadas.

As sementes lançadas sobre as pedras (isto é, sobre aqueles que acolhem a palavra com entusiasmo, mas são inconstantes e desistem de imediato) são aquelas sementes que, depois dos entusiasmos fugazes e das euforias espirituais, ficam impressas no coração como um beijo de Deus cuja recordação suscita, de cada vez, uma profunda saudade.

Assim também as sementes lançadas no caminho (isto é, naqueles que depois se deixam dominar pelo maligno) são como um toque de Deus em tantas vidas distraídas que ouviram falar de Deus, mas que depois se afastam pelo mal. O sentimento desse toque, porém, permanece, talvez como uma lembrança ténue, mas permanece. Mesmo as sementes comidas pelos pardais não são desperdiçadas: serviram, pelo menos, para alimentar as aves do céu.

III.

Nada, portanto, é desperdiçado. É por isso que não temos desculpa para não semear. Mesmo que todos os catequizandos depois do crisma desapareçam, ou que as pessoas que vinham à igreja deixem de vir, não nos devemos angustiar. As sementes lançadas permanecem como uma memória importante, como ensinamentos que guiam a vida e ajudam a discernir entre o bem e o mal, como um toque ou um beijo de Deus que nos recorda que não estamos sós, que somos seus.

A Igreja, portanto, não deve limitar-se a semear a palavra de Deus apenas dentro das quatro paredes da igreja, como se fosse uma estufa onde a terra está bem adubada, há um sistema de irrigação bem estruturado e uma cobertura que protege a semente dos agentes atmosféricos nocivos... Devemos deixar as estufas para nos abrirmos ao mundo ("Igreja em saída", diz-nos o Papa). Como o semeador do Evangelho que lança as sementes em todos os lugares, mesmo nos mais inacessíveis e insólitos, porque as sementes lançadas não voltam para Deus sem terem dado algum fruto. Como a água do céu, como ouvimos na primeira leitura, que cai em todo o lado e não regressa a Deus sem ter realizado o seu objetivo.

Como disse no domingo passado: temos de semear e depois é Deus que faz crescer.

Cada um de nós deve encontrar uma maneira de falar de Deus àqueles que não ouvem a sua palavra. Nós, cristãos, somos os evangelizadores do terceiro milénio. (Ultimamente, tenho-me dirigido semanalmente através do Facebook, do YouTube, etc., com as minhas reflexões a várias pessoas que nunca vão à igreja, dando assim a eles a oportunidade de ouvir a Palavra de Deus que de outra forma não ouviriam).

IV.

Não pensemos que o mundo já não quer ouvir a palavra de Deus, pelo contrário, tem muita sede dela. Temos apenas de encontrar uma forma de comunicar com as pessoas de hoje.

Por exemplo, no final do mês passado (23-6-2023), o Papa Francisco recebeu na Capela Sistina centenas de grandes artistas de vários domínios (da música como Ligabue, Mogol; da literatura como Alessandro Baricco, da arte como Kiefer e muitos outros). Todos eles, grandes nas suas artes, ficaram comovidos quando, sentados na Capela Sistina, diante do Juízo Final de Miguel Ângelo, ouviram as palavras do Papa que lhes disse: "A criatividade do artista parece participar na paixão geradora de Deus. Aquela paixão com que Deus criou. Vós sois aliados do sonho de Deus!". Com esta bela mensagem, o Papa conquistou-os a todos.

Cada um de nós é um artista, um aliado do sonho de Deus, quando contribuímos para a sua criação, quando trazemos uma criança ao mundo, quando damos esperança a alguém, quando fazemos o bem, quando semeamos o sonho de Deus neste nosso mundo desencantado que já não tem tempo para sonhar. Temos olhos, diz o Papa, não apenas para olhar, mas para sonhar.

V.

Para concluir. Diz-se que Millet quis esconder o rosto do semeador com um chapéu, para representar todos os camponeses. Gosto de ver por detrás desse chapéu o mesmo Deus que continua a semear generosamente a sua palavra neste mundo. Também eu gosto de ver nesse rosto coberto cada um de nós que deve ser sempre generoso e gerador, semeando esperança até ao último dia da vida, sem se importar com os corvos que estão sempre à espreita, porque também nós, tal como os artistas, somos aliados do sonho de Deus.


  • Imagem de fundo: Il Seminatore, Jean-François Millet, Muséum of Fine Arts,, Boston

  • Música de fundo: Beethoven, Symphony No.6 PASTORALE piano version



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