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🇮🇹 FINO ALLA FINE


🇮🇹 FINO ALLA FINE

Una riflessione per il Giovedì Santo (14–4-2022)

< Gv 13,1-15 (L’ultima cena)

I.

Se qualcuno volesse mettere su un’impresa, una start up (ou una scaleup) la prima cosa che fa dopo aver buttato giù il progetto o per lo meno le idee principali, è ricercare le persone giuste che possano lavorare con lui. Il successo di un’azienda dipende in gran parte dalla qualità del suo personale. Le grande imprese fanno numerose interviste di lavoro prima di assumere quelli che fanno a caso loro. Così nel mondo dello spettacolo ci sono casting molto rigidi per selezionare i migliori.

Anche Gesù un giorno aveva fatto il suo casting quando scelse i suoi apostoli per affidare loro la missione di continuare quello che Lui aveva avviato, e dopo tre anni di formazione del suo “personale” si ritrova al suo ultimo giorno con una manica di imbranati che si rivelano un disastro totale. Li invita a cena, pur sapendo che tutti, nessuno escluso, dentro poche ore lo avrebbero tradito, rinnegato e abbandonato. Sarebbe come se noi invitassimo a cena qualcuno che sappiamo con certezza che ci sta tradendo, ci venderà per denaro subito dopo cena e ci abbandonerà.

Luca ci dice che Gesù ha desiderato ardentemente quella cena. È pure masochista. Non solo li invita a cena, Giovanni ci dice che lava pure i loro piedi.

II.

Certo che Gesù come selezionatore di risorse umane di un’impresa o come talent scout si è rivelato un vero fallimento. Un’azienda normale, dopo avere constatato l’inefficienza dei suoi dipendenti, li licenzia o li sanziona. Gesù invece continua a capacitare quegli incapaci che dopo avere udito più volte le sue parole sull’umiltà, sul scegliere gli ultimi posti, si ritrovano ancora fino all’ultimo, come ci dice Luca nel suo racconto dell’Ultima Cena, a litigare su chi fosse il più grande tra di loro. Gesù non solo non li manda via a pedate nel sedere, ma continua ad amarli fino alla fine.

Quando ero in Brasile avevo conosciuto una coppia che mi hanno detto che era sposata “a contratto”, cioè la legge permetteva a delle coppie di celebrare un contratto matrimoniale per 5, 10, 15 anni e poi si separavano e potevano celebrare altri contratti matrimoniali a tempo determinato con altre persone. Rimasi inorridito. Si può amare a contratto? A tempo determinato? Non è questa la negazione stessa dell’amore? Gesù ci insegna che l’amore vero è per sempre, fino alla fine, non solo fino a quando tutto va bene o siamo gratificati nelle nostre aspettative, ma sempre, anche quando l’altro sembra non aver capito niente, anche quando non c’è più la bellezza del corpo e della mente, anche quando con ci sono più soldi né salute. Amare sino alla fine.

III.

Gesù si mette a lavare i piedi, non come lo schiavo che lo deve fare per forza, ma come la madre che lava i piedi dei suoi bambini, come l’amato i piedi della persona amata…

Pietro sapeva che quello era un gesto di grande intimità, e si è trovato a disagio… forse perché sapeva che i suoi piedi erano molto sporchi. Gesù vuole lavare la nostra sporcizia, ma noi come Pietro ce ne vergogniamo. Come ci vergogniamo di mostrare la nostra nudità agli altri. Non vergogniamoci della nostra sporcizia e non fuggiamo davanti a Gesù che ci vuole pulire: proprio perché siamo molto sporchi abbiamo più bisogno di essere lavati. Non serve a nulla coprire il fetore con profumi, ne conseguirebbe qualcosa ancora di più nauseabondo.

Quando da giovane partecipavo al rito della lavanda dei piedi come “apostolo”, il prete ci diceva che bisognava arrivare alla cerimonia con i piedi già ben lavati. È facile lavare piedi già puliti. Ma lavare piedi sporchi e puzzolenti è un’altra cosa.

Gesù vuole lavare anche i nostri piedi, cioè la parte peggiore di noi, quelle zone oscure che nascondiamo a tutti ma che Lui conosce già, vuole salvarci interamente, senza lasciare indietro nulla.

Ci lava i piedi per ridarci vigore, per continuare a camminare, per non fermarsi mai.

IV.

In questa notte dei tradimenti, Gesù istituisce i sacramenti dell’Ordine e dell’Eucarestia, proprio “nella notte in cui fu tradito”, abbandonato, rinnegato… Non fu una coincidenza, non scelse quella notte perché non ce n’erano rimaste altre. Nella notte in cui fu tradito, Gesù dona agli uomini il suo regalo più grande, l’Eucarestia (cioè se stesso). Diventa ancora più stridente il contrasto tra le tenebre e la luce, come enorme è il contrasto tra la grandezza del suo dono (l’Eucarestia) e l’indegnità degli uomini ai quali l’ha affidata. Per fortuna che l’Eucarestia non dipende dalla dignità o capacità degli uomini che la celebrano e la ricevono, ma rimane sempre valida anche se celebrata dall’uomo più indegno della terra. In latino si usa l’espressione Ex opere operato cioè "per il fatto stesso di aver fatto la cosa" per dire che la celebrazione dei sacramenti è sempre valida nonostante il peccato del ministro che la celebra. Per fortuna, altrimenti non avremmo né l’Eucarestia né nessun altro sacramento perché non c’è nessuno che ne sia degno né di celebrarla né di riceverla.

Gesù ha lavato i piedi anche a Giuda, gli ha dato il pane, l’Eucarestia, ha reso anche lui sacerdote, come gli altri che non erano molto meglio di lui. Dona il suo corpo e sangue non a santi ma a persone ammalate: l’eucarestia, ha detto Papa Francesco, non è il premio per i sani ma è la medicina per gli ammalati.

V.

In questa notte dei tradimenti, dove Gesù viene tradito da Giuda, rinnegato da Pietro, dove gli apostoli prima dormono durante l’agonia di Gesù e poi fuggono, ci sono anche altre cose di una struggente bellezza : la trepidazione di Gesù nel voler mangiare la Pasqua con i suoi; la tenerezza di Giovanni che si accosta al suo petto; le parole del suo testamento piene di dolcezza: “erano tuoi, li hai dati a me, e ora conservali tu nel tuo amore e nell’unità”, oppure “Non sia turbato il vostro cuore, vado a prepararvi un posto”; c’è il gesto affettuoso di lavare i piedi; il chiamare amico chi lo stava tradendo con un bacio; lo sguardo pieno di comprensione e di amore a Pietro che lo aveva appena rinnegato.

E in questa notte dei tradimenti, piena di contrasti ci siamo anche noi, poveri sacerdoti e fedeli. Stamattina Papa Francesco ha detto ai sacerdoti presenti alla messa crismale che il dono del sacerdozio è una grazia molto grande non destinata al proprio sacerdote, ma ai fedeli.

In questa notte dei tradimenti noi poveri uomini persi nelle nostre miserie, ci sentiamo profondamente amati: è facile amare qualcuno di grande dignità, ma amare chi ne è indegno è qualcosa di divino.

In questa notte dei tradimenti o Gesù c’è una cosa che ci consola, abbiamo fatto per lo meno una cosa buona: abbiamo obbedito al tuo comando di ripetere i tuoi gesti in tua memoria. Anche adesso, come ogni giorno, da duemila anni a questa parte, ricordiamo quella notte dei tradimenti e facciamo memoria di quello che tu hai detto e fatto.

Se non abbiamo imparato tante cose, almeno una, forse la più importante l’abbiamo imparata da Te nostro amato: amare vuol dire fino alla fine.


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