top of page

🇮🇹 IL PESSIMISMO COSMICO 🇵🇹 O PESSIMISMO CÓSMICO 🇬🇧 THE COSMIC PESSIMISM


🇮🇹 IL PESSIMISMO COSMICO

(Testo e vídeo in 🇮🇹 italiano)

Una riflessione per la III Domenica di Pasqua (23–4-2023)

< Lc 24,13-35 (I discepoli di Emmaus)

I.

Esattamente 200 anni fa, nell’aprile del 1823, Giacomo Leopardi, dopo una permanenza di cinque mesi a Roma , lasciava la città profondamente deluso, per ritornare alla sua Recanati il “natio borgo selvaggio” da dove da sempre aveva voluto scappare. A Roma, “questa città che non finisce mai” sperava di trovare il riconoscimento del suo genio poetico, e conseguentemente una sua indipendenza economica, ma rimase deluso da tutto, dalle persone, dai luoghi, dai parenti dei quali era ospite (“Delle gran cose che io vedo, non provo il menomo piacere, perché conosco che sono meravigliose, ma non lo sento, e t’accerto che la moltitudine e la grandezza loro m’è venuta a noia dopo il primo giorno”). Addirittura sembra che la pausa romana fu il periodo più penoso e mortificante della sua vita. L’unico “piacere” fu quello di visitare la tomba di Torquato Tasso (un altro genio tormentato come lui) nella Chiesa di sant’Onofrio al Gianicolo.

Non c’è da stupirsi che Leopardi non amò Roma. Era una persona troppo afflitta. Era affetto da quando aveva 16 anni, da una rara malattia che colpisce la colonna vertebrale che deformò il suo corpo e gli provocò alche il sorgere della gobba (come viene ben descritto nel film “Il giovane favoloso”). Chi è colpito da questa malattia viene anche definito “L’uomo che non guarda il cielo”. Il pessimismo di Leopardi non era conseguenza di una depressione come si era sempre pensato, ma di una malattia degenerativa della quale aveva piena coscienza e che lo fece rivoltare contro la natura matrigna. Questo pessimismo si acutizzò col passare del tempo fino ad arrivare al “pessimismo cosmico”, e cioè l’idea che non solo l’uomo non potrà mai raggiungere la felicità, ma sarà sempre condannato all’infelicità. (Dallo Zibaldone: “Tutto è male. Cioè tutto quello che è, è male; che ciascuna cosa esista è un male; ciascuna cosa esiste per fin di male; l'esistenza è un male e ordinata al male; il fine dell'universo è il male; l'ordine e lo stato, le leggi, l'andamento naturale dell'universo non sono altro che male, né diretti ad altro che al male. Non v'è altro bene che il non essere; non v'ha altro di buono che quel che non è; le cose che non son cose: tutte le cose sono cattive. )

Arriverà addirittura a mettere in dubbio l’esistenza di Dio, e addosserà tutta la colpa alla Natura matrigna che maltratta i suoi figli e che non fa differenza tra gli uomini e le formiche.

II.

Eppure, nonostante, o forse grazie al suo pessimismo cosmico, Leopardi a soli 20 anni produce il capolavoro della poesia italiana intitolato “l’Infinito”, composto sul “colle solitario” (“Sempre caro mi fu quest’ermo colle”) il Monte di Recanati chiamato il monte Tabor, lo stesso nome del monte della Trasfigurazione di Gesù. E qui Leopardi assiste anche lui ad una “trasfigurazione”. Dietro la siepe che gli impedisce di vedere l’interezza dell’orizzonte (“questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”) percepisce la voce dell’eternità (“e mi sovvien l’eterno”). In mezzo a un pessimismo cosmico, c’è ancora una vocina, la voce dell’infinito, dell’eternità (“il suon di lei”) che si rivela a lui come in una trasfigurazione.

III.

Anche il racconto dei due discepoli di Emmaus ci parla di un pessimismo immenso. La sera di Pasqua Cleopa e l’altro discepolo abbandonano Gerusalemme, desolati perché tutto è finito. Gesù è morto e loro si sono sentiti traditi dalla sua morte: “Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele”, ma il fatto che è stato ucciso è una prova innegabile che non era il Messia, altrimenti non solo non sarebbe morto ma avrebbe sconfitto i romani. Come hanno potuto lasciarsi ingannare così?

Abbandonano, o meglio, scappano da Gerusalemme con un’amarezza infinita per nascondersi a Emmaus, il luogo del disincanto che li riporta alla cruda realtà.

Non è lo stesso pessimismo che assale molte volte anche noi durante la nostra vita, soprattutto quando i sogni che avevamo sono stati tutti traditi? E pure noi ci incamminiamo verso la nostra Emmaus, disincantati, con una tristezza che spegne la luce dai nostri occhi. Anche noi a volte (come il Leopardi) arriviamo a mettere in discussione l’esistenza di Dio o (come i discepoli di Emmaus) ci interroghiamo sul suo non intervento. Ed entriamo in una crisi di fede, che è una crisi di speranza, che è una crisi di amore. Fede, speranza, amore vanno sempre insieme: se viene meno uno vengono meno tutti.

IV.

Scivoliamo così pian piano in un pessimismo cosmico dove tutto è letto con tinte fosche e leggiamo solo quello che conferma il nostro pessimismo così che tutto è giudicato in modo disdicevole: il mondo è perduto, gli uomini sono infingardi, i parenti e amici ingrati. I nostri occhi sono impediti, come dice il vangelo a proposito dei due discepoli di Emmaus e come loro due aggrediamo chi non ci capisce “Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?”, ma tu da dove vieni? Non sai quello che mi succede nella vita? E ci mettiamo a scaricare su chi ci ascolta tutto il nostro pessimismo come se fosse la realtà più vera. Ogni pessimista infatti non dice mai di essere pessimista, ma di essere realista. Il mondo è così come dice lui e basta. E finiamo per credere che il mondo sia proprio così come lo vedo io. Come lo fu per lo sfiduciato Leopardi che non riusciva a vedere nulla di buono a Roma: possibile che a Roma, la grande bellezza, non ha visto nulla di bello?

Ricordo una volta in una conversazione con un prete molto pessimista, che si lamentava di tutto e vedeva tutto nero, mi diceva sconsolato che la sua chiesa era semi-vuota e ricercava una conferma da parte mia: “Anche la tua chiesa è semi-vuota?”. “No, risposi io, la mia chiesa è semi-piena”. La realtà dipende da come la leggiamo, (come dicevamo domenica scorsa) è come la questione del bicchiere semivuoto o semipieno, sembra la stessa cosa ma non è così: per il pessimista il bicchiere è sempre semivuoto e lui guardandoci dentro vedrà solo il fondo del bicchiere, per l’ottimista invece il bicchiere è sempre semipieno e guardandoci dentro vi vedrà riflesso il cielo.

V.

Per concludere.

I due discepoli di Emmaus nella loro fuga da Gerusalemme nonostante il pessimismo assoluto che li avvolgeva, avevano sentito qualcosa che bruciava dentro di loro, hanno avuto una rivelazione: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?”

Giacomo Leopardi nonostante il suo pessimismo cosmico, sul monte Tabor di Recanati ha assistito anche lui ad una trasfigurazione come intuiamo dall’ultimo meraviglioso verso della poesia L’infinito “Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare.”

Così anche noi che disincantati tante volte ci dirigiamo verso la nostra Emmaus, diamo una direzione nuova alla nostra vita e ritorniamo a Gerusalemme. Il pessimismo cosmico si vince solo con un Amore Cosmico (“Resta qui con noi”). Non è più tempo delle lamentele e dei piangistei. È tempo di riinnamorarci ancora.


  • Musica di sottofondo: Stay With Me (Piano Version) Riyandi Kusuma (tema)



🇵🇹 O PESSIMISMO CÓSMICO

(Texto e vídeo em 🇵🇹 português)

Uma reflexão para o III Domingo da Páscoa (23-4-2023)

< Lc 24,13-35 (Os discípulos de Emaús)

I.

Há exactamente 200 anos, em Abril de 1823, Giacomo Leopardi, após uma estadia de cinco meses em Roma, deixou a cidade profundamente desapontado, para regressar ao seu Recanati, a "aldeia selvagem nativa" da qual sempre quis fugir. Em Roma, "esta cidade que nunca acaba", esperava encontrar reconhecimento pelo seu génio poético, e consequentemente pela sua independência económica, mas estava decepcionado com tudo, com as pessoas, os lugares, os familiares dos quais era hóspede ("Das grandes coisas que vejo, não sinto o menor prazer, porque sei que são maravilhosas, mas não o sinto, e asseguro-vos que a sua multidão e grandeza me aborreceu após o primeiro dia"). Parece mesmo que a pausa romana foi o período mais doloroso e mortificante da sua vida. O seu único 'prazer' foi visitar o túmulo de Torquato Tasso (outro génio atormentado como ele) na Igreja de Sant'Onofrio, no monte Gianícolo.

Não admira que Leopardi não amasse Roma. Ele era uma pessoa demasiado aflicta. Foi afligido desde os 16 anos de idade com uma doença rara que afectava a coluna vertebral que o deformou e até o levou a desenvolver uma corcunda (como é bem descrito no filme "O Jovem Fabuloso"). O afectado por esta doença é também referido como "o homem que não olha para o céu". O pessimismo de Leopardi não foi uma consequência da depressão, como sempre se pensou, mas de uma doença degenerativa da qual ele estava consciente e que o fez virar-se contra à natureza madrasta. Este pessimismo tornou-se mais agudo com o passar do tempo até atingir o "pessimismo cósmico", ou seja, a ideia de que não só o homem nunca pode alcançar a felicidade, como estará sempre condenado à infelicidade. (Do Zibaldone: 'Tudo é maligno'. Ou seja, tudo o que é, é mau; que tudo o que existe é mau; tudo existe por causa do mal; a existência é má e ordenada ao mal; o fim do universo é mau; a ordem e o estado, as leis, o curso natural do universo não são nada mais do que mal, nem dirigidas a nada mais do que o mal. Não há nada de bom senão o não-ser; não há nada de bom senão o que não é; coisas que não são coisas: todas as coisas são más. )

Chega ao ponto de questionar a existência de Deus, e coloca toda a culpa na natureza madrasta que maltrata os seus filhos e não faz diferença entre os homens e as formigas.

II.

E no entanto, apesar, ou talvez graças ao seu pessimismo cósmico, Leopardi com apenas 20 anos de idade produziu a obra-prima da poesia italiana intitulada 'O Infinito', composta no 'monte solitário' ('Sempre me foi querido este ermo colle') o Monte de Recanati chamado Monte Tabor, o mesmo nome que o Monte da Transfiguração de Jesus. E aqui Leopardi também testemunha uma 'transfiguração'. Atrás da sebe que o impede de ver a totalidade do horizonte ("esta sebe, que de tanto do último horizonte o olhar exclui") ele percebe a voz da eternidade ("e lembro-me do eterno"). No meio do pessimismo cósmico, há ainda uma pequena voz, a voz do infinito, da eternidade ("o som dela") que se revela a ele como numa transfiguração.

III.

O relato dos dois discípulos de Emaús fala-nos também de um imenso pessimismo. Na noite de Páscoa, Cleopas e o outro discípulo deixam Jerusalém, desolados porque tudo acabou. Jesus está morto e sentem-se traídos pela sua morte: "Esperávamos que fosse ele a salvar Israel", mas o facto de ter sido morto é prova inegável de que não era o Messias, caso contrário não só não teria morrido como teria derrotado os romanos. Como eles puderam enganar-se assim?

Abandonam, ou melhor, fogem de Jerusalém com infinita amargura para se esconderem em Emaús, o lugar da desilusão que os traz de volta à dura realidade.

Não é o mesmo pessimismo que nos ataca muitas vezes durante as nossas vidas, especialmente quando os sonhos que nós tínhamos foram traídos? E também nós caminhamos em direcção à nossa Emaús, desencantados, com uma tristeza que extingue a luz dos nossos olhos. Também nós por vezes (como Leopardi) questionamos a existência de Deus ou (como os discípulos de Emaús) questionamos a sua não-intervenção. E entramos numa crise de fé, que é uma crise de esperança, que é uma crise de amor. Fé, esperança, amor vão sempre juntos: se um falha, todos eles falham.

IV.

Assim, escorregamos lentamente para um pessimismo cósmico onde tudo é lido em tons sombrios e só lemos o que confirma o nosso pessimismo para que tudo seja julgado de forma péssima: o mundo está perdido, os homens são mentirosos, os parentes e amigos são ingratos. Os nossos olhos são desviados, como diz o evangelho sobre os dois discípulos de Emaús, e como eles atacamos aqueles que não nos compreendem: "Só tu és um estranho em Jerusalém! Não sabeis o que lá aconteceu nestes dias?" Mas de onde vindes? Não sabeis o que está a acontecer na minha vida? E despejamos todo o nosso pessimismo sobre o ouvinte como se fosse a realidade mais verdadeira. De facto, todo o pessimista nunca diz que é um pessimista, mas que é um realista. O mundo é exactamente como ele diz que é. E nós acabamos por acreditar que o mundo é tal como eu o vejo. Como foi para o desiludido Leopardi que não via nada de bom em Roma: será possível que em Roma, a grande beleza, ele não visse nada de belo?

Lembro-me uma vez, numa conversa com um padre muito pessimista, que se queixava de tudo e via tudo negro, ele disse-me desconsoladamente que a sua igreja estava semi-vazia e pediu-me confirmação: "A tua igreja também está semi-vazia? “. Não", respondi, "a minha igreja está semi-cheia”. A realidade depende de como a lemos, (como dissemos no domingo passado) é como a questão do copo meio vazio ou meio cheio, parece ser a mesma coisa mas não é: para o pessimista o copo está sempre meio vazio e ele só verá o fundo do copo quando olhar para ele, para o optimista por outro lado o copo está sempre meio cheio e quando olhar para ele verá o céu reflectido nele.

V.

Para concluir.

Os dois discípulos de Emaús na sua fuga de Jerusalém, apesar do pessimismo absoluto que os envolvia, tinham sentido algo que ardia dentro deles, tiveram uma revelação: "Não ardia o nosso coração dentro de nós enquanto ele nos falava no caminho, quando nos explicava as Escrituras?”.

Giacomo Leopardi, apesar do seu pessimismo cósmico, no Monte Tabor no Recanati também testemunhou uma transfiguração, como intuímos na última linha maravilhosa do poema L'infinito: "Assim, no meio desta imensidão o meu pensamento afoga-se: e o naufrágio é doce para mim neste mar".

Por isso, também nós, que tantas vezes desencantamos, nos dirigimos para a nossa Emaús, damos uma nova direcção à nossa vida e regressamos a Jerusalém. O pessimismo cósmico só pode ser superado pelo Amor Cósmico (“Fica aqui connosco”). Já não é tempo para lamentações e choros. É tempo de nos apaixonarmos novamente.


-Música de fundo: Stay With Me (Versão Piano) Riyandi Kusuma (tema)



🇬🇧 THE COSMIC PESSIMISM

(Text and video in 🇬🇧 português)

A reflection for the III Sunday of Easter (23-4-2023)

< Lk 24:13-35 (The disciples of Emmaus)

I.

Exactly 200 years ago, in April 1823, Giacomo Leopardi, after a five-month stay in Rome, left the city deeply disappointed, to return to his Recanati, the 'native wild village' from which he had always wanted to escape. In Rome, 'this city that never ends', he hoped to find recognition for his poetic genius, and consequently his economic independence, but he was disappointed by everything, by the people, the places, the relatives of whom he was a guest ('Of the great things I see, I do not feel the slightest pleasure, because I know they are wonderful, but I do not feel it, and I assure you that their multitude and greatness bored me after the first day'). It even seems that the Roman pause was the most painful and mortifying period of his life. His only 'pleasure' was to visit the tomb of Torquato Tasso (another tormented genius like himself) in the Church of Sant'Onofrio on the Janiculum Hill.

No wonder that Leopardi did not love Rome. He was too afflicted. He was afflicted from the age of 16 with a rare disease affecting the spinal column that deformed his body and even caused him to develop a hump (as is well described in the film 'The Fabulous Young Man'). Those affected by this disease are also referred to as 'the man who does not look at the sky'. Leopardi's pessimism was not a consequence of depression as had always been thought, but of a degenerative illness of which he was fully aware and which made him turn against his stepmotherly nature. This pessimism became more acute with the passage of time until he reached 'cosmic pessimism', i.e. the idea that not only can man never achieve happiness, but will always be condemned to unhappiness. (From the Zibaldone: 'Everything is evil. That is, everything that is, is evil; that everything that exists is evil; everything exists for evil's sake; existence is evil and ordered to evil; the end of the universe is evil; the order and state, the laws, the natural course of the universe are nothing but evil, nor directed to anything but evil. There is nothing good but non-being; there is nothing good but what is not; things that are not things: all things are evil. )

He even goes so far as to question the existence of God, and places all the blame on the stepmotherly Nature that mistreats her children and makes no difference between men and ants.

II.

And yet, in spite of, or perhaps thanks to, his cosmic pessimism, Leopardi at only 20 years of age produced the masterpiece of Italian poetry entitled 'The Infinite', composed on the 'solitary hill' ('Always dear to me was this ermo hill') the Mount of Recanati called Mount Tabor, the same name as the Mount of Jesus' Transfiguration. And here Leopardi also witnesses a 'transfiguration'. Behind the hedge that prevents him from seeing the entirety of the horizon ("this hedge, which from so much of the last horizon the gaze excludes") he perceives the voice of eternity ("and I am reminded of the eternal"). In the midst of cosmic pessimism, there is still a little voice, the voice of the infinite, of eternity ('the sound of her') that reveals itself to him as in a transfiguration.

III.

The account of the two disciples of Emmaus also speaks to us of immense pessimism. On Easter evening, Cleopas and the other disciple leave Jerusalem, desolate because everything is over. Jesus is dead and they felt betrayed by his death: "We hoped that he was the one who would deliver Israel", but the fact that he was killed is undeniable proof that he was not the Messiah, otherwise not only would he not have died but he would have defeated the Romans. How could they allow themselves to be so deceived?

They abandon, or rather, flee Jerusalem with infinite bitterness to hide in Emmaus, the place of disillusionment that brings them back to stark reality.

Is it not the same pessimism that assails us many times during our lives, especially when the dreams we had have all been betrayed? And we too walk towards our Emmaus, disenchanted, with a sadness that extinguishes the light from our eyes. We too sometimes (like Leopardi) come to question God's existence or (like the disciples of Emmaus) question his non-intervention. And we enter into a crisis of faith, which is a crisis of hope, which is a crisis of love. Faith, hope, love always go together: if one fails, they all fail.

IV.

We thus slowly slip into a cosmic pessimism where everything is read in gloomy hues and we only read what confirms our pessimism so that everything is judged in a disgraceful way: the world is lost, men are untruthful, relatives and friends ungrateful. Our eyes are averted, as the gospel says about the two disciples of Emmaus, and like them we attack those who do not understand us: "You alone are a stranger in Jerusalem! Do you not know what has happened there in these days?" But where do you come from? Don't you know what is happening in my life? And we dump all our pessimism on the listener as if it were the truest reality. In fact, every pessimist never says that he is a pessimist, but that he is a realist. The world is just the way he says it is. And we end up believing that the world is just as I see it. As it was for the challenged Leopardi who could see nothing good in Rome: is it possible that in Rome, the great beauty, he saw nothing beautiful?

I remember once in a conversation with a very pessimistic priest, who complained about everything and saw everything black, he told me disconsolately that his church was semi-empty and sought confirmation from me: "Is your church also semi-empty?" "No," I replied, "my church is semi-full. Reality depends on how we read it, (as we said last Sunday) it is like the question of the half-empty or half-full glass, it seems to be the same thing but it is not: for the pessimist the glass is always half-empty and he will only see the bottom of the glass when he looks into it, for the optimist on the other hand the glass is always half-full and when he looks into it he will see the sky reflected in it.

V.

To conclude.

The two disciples of Emmaus in their flight from Jerusalem in spite of the absolute pessimism that enveloped them, had felt something burning within them, they had a revelation: "Was not our heart burning within us while he was conversing with us on the way, when he was explaining the Scriptures to us?"

Giacomo Leopardi, in spite of his cosmic pessimism, on Mount Tabor in Recanati also witnessed a transfiguration, as we intuit from the last marvellous line of the poem L'infinito "So amidst this immensity my thought drowns: and shipwrecking is sweet to me in this sea."

So too, we who disenchanted so many times head towards our Emmaus, give a new direction to our lives and return to Jerusalem. Cosmic pessimism can only be overcome by Cosmic Love ("Stay with us"). It is no longer time for lamentations and weeping. It is time to fall in love again.


  • Background music: Stay With Me (Piano Version) Riyandi Kusuma (theme)


12 visualizzazioni0 commenti
Post: Blog2 Post
bottom of page