🇮🇹 IL SEGRETO DI ARLECCHINO
(testo e video in 🇮🇹 italiano)
Una riflessione per la XXV Domenica del Tempo Comune C (18–9-2022)
> Lc 16,1-13 (L’amministratore astuto)
I.
“Il servitore di due padroni” o meglio conosciuta come “Arlecchino servitore di due padroni” è una delle opere più famose della storia del teatro, scritta da Carlo Goldoni nel 1745. Il protagonista Arlecchino, chiamato nella scena Truffaldino, per poter mangiare a sazietà si mette a servizio contemporaneamente di due padroni a loro insaputa, creando così una serie di guai e esilaranti equivoci nel tentativo di non venire scoperto. Dopo circa trecento anni questa storia è ancora molto attuale e riempie ancora oggi i teatri. Anche l’uomo contemporaneo, come Arlecchino, spesso si trova costretto a barcamenarsi tra situazioni diverse e contraddittorie, fino a quando l’inganno viene svelato.
Quello che mi ha colpito è stata la descrizione del personaggio fatta dallo stesso Goldoni nell’introduzione all’opera, definendolo come “Servidore sciocco ed astuto nel medesimo tempo”, così pure il giudizio espresso da un critico teatrale per il quale l’autore esalta la prontezza e scaltrezza di Truffaldino (alias Arlecchino), e la sua capacità di adattarsi e di sopravvivere.
II.
Balza subito all’occhio l’analogia tra la figura di Truffaldino (identificato da Strehler con la maschera bergamasca di Arlecchino) e quella dell’amministratore della parabola del Vangelo di oggi, il quale, messo alle strette dal suo padrone che gli ha chiesto di rendere conto dell’amministrazione perché accusato di truffa, ha saputo risolvere il suo problema facendosi amico dei debitori del padrone. Anche il padrone (in realtà il Signore) loda la prontezza e la scaltrezza di questo amministratore e conclude la parabola ammonendo: “Nessun servitore può servire due padroni”. I due padroni di Arlecchino erano pressoché simili ma anche così la farsa non ha potuto durare a lungo, figuriamoci come potrebbe reggere il servizio a due padroni totalmente diversi tra loro quali Dio e Mammona (la ricchezza). I due hanno logiche completamente diverse: uno ti dice di accumulare il capitale per arricchirsi sempre più, l’altro invece di vendere tutto e dare ai poveri. Come possiamo obbedire a entrambi quando chiedono due cose completamente opposte? Ecco allora che bisogna scegliere. Non possiamo tergiversare tutta la vita saltando da un padrone all’altro, come degli arlecchini. La ricchezza è in sé atea, perché ti da l’illusione di non avere bisogno di Dio, si sostituisce a Dio.
III.
Stupisce che il padrone, dove aver saputo che l’amministratore aveva rubato, gli chieda di rendere conto e lo lascia ancora li per sistemare le cose. Tutti noi lo avremmo allontanato immediatamente, per proibirgli di commettere altre truffe. Il padrone invece sembra volergli dare una possibilità di riscatto. L’amministratore prende la palla al balzo, e infatti alla fine farà quadrare i conti: condona ai debitori la percentuale che spettava a lui (gli amministratori aumentavano il debito del 20 o 50% come commissione per il proprio lavoro, in quanto non avendo una paga doveva rifarsi sui clienti).
Aveva fatto due conti: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione?”. C’erano varie ipotesi: mettersi al lavorare ma era troppo duro per lui, mendicare troppo vergognoso. Avrebbe potuto riscuotere le sue percentuali ma poi sapeva che il denaro prima o poi finisce o poteva essere rubato, avrebbe potuto riempire i propri magazzini di grano e olio ma anche questi prima o poi sarebbero finiti o potevano andare in malora. Si rese conto allora che la cosa più importante era quella di avere amici e per conquistarli ha sacrificato i suoi averi.
Alla fine i conti tornano e il padrone riceve tutto quello che gli spetta, per questo loda l’amministratore per la sua creatività. Ha saputo trasformare una crisi in un’opportunità.
IV.
Nel suo famoso discorso (e testamento) “Stay hungry, stay foolish” (siate affamati, siate folli) pronunciato alla cerimonia di consegna delle lauree all’università di Stanford del 2005, Steve Jobs disse che fu propriamente quando fu licenziato dal Consiglio di amministrazione della Apple (società da lui fondata) che lui, dopo un primo momento di smarrimento, ebbe la sua rinascita: “Non me ne resi conto allora, ma essere licenziato dalla Apple era stata la miglior cosa che mi potesse capitare. … Mi liberò dagli impedimenti consentendomi di entrare in uno dei periodi più creativi della mia vita”. Fondò uma nuova azienda con tecnologie avanzate che la Apple comprò e lui venne quindi assunto di nuovo dalla Apple, la quale grazie a queste nuove scoperte è diventata quello che è ora. “Sono sicuro che niente di tutto questo sarebbe successo se non fossi stato licenziato dalla Apple”.
Già tre secoli prima Arlecchino sembra incarnare la figura dell’uomo affamato e un po’ pazzo, descritta da Steve Jobs.
Riguardo al nostro amministratore della parabola, se non fosse stato licenziato non avrebbe mai rivoluzionato la sua vita e non avrebbe mai conquistato tanti nuovi amici.
V.
La parabola ci ricorda che tutto è di Dio, noi siamo solo degli amministratori, non i proprietari. Un giorno il Signore ci chiederà di rendere conto di come abbiamo amministrato i suoi beni. Dà anche a noi la possibilità di riscattarci, di far quadrare i conti. La parabola ci insegna inoltre che il modo migliore per far quadrare i conti è quello di donare, fare elemosina, conquistare nuovi amici. Dio ci chiederà quante persone abbiamo fatto felici nella nostra vita? Quanti amici abbiamo conquistato?
Questa parabola è un invito ad osare, a essere sempre hungry e foolish, come l’amministratore astuto e come Arlecchino (quest’ultimo lo era anche in senso letterale).
In questo modo anche noi alla fine riceveremo la lode del Signore.
Alla fine, alla resa dei conti, l’amministratore astuto, si troverà con tanti nuovi amici.
Alla fine, quando l’inganno finisce, Arlecchino troverà l’amore e si sposa.
E noi, non aspettiamo la fine per ricevere tutto questo: già ora possiamo smettere di servire due o più padroni e diventare liberi, già ora possiamo donare qualcosa di noi agli altri per farli felici, già ora possiamo circondarci di veri amici. Il segreto qual è? Forse è proprio quello di Arlecchino e ripreso da Steve Jobs: essere sempre affamati e essere anche un po’ folli.
(La musica di fondo è "Odissea veneziana" del Rondò Veneziano, suonata al piano da Riana)
🇵🇹 O SEGREDO DO ARLEQUIM
(texto e vídeo em 🇵🇹 português)
Uma reflexão para o XXV Domingo do Tempo Comum C (18-9-2022)
> Lc 16,1-13 (O administrador astuto)
I.
“O servo de dois senhores” ou mais conhecida como "Arlequim servo de dois senhores" é uma das peças mais famosas da história do teatro, escrita por Carlo Goldoni em 1745. O protagonista Arlequim, chamado Truffaldino na cena, para comer a sua fartura coloca-se ao serviço de dois senhores ao mesmo tempo sem eles saber, criando assim uma série de problemas e mal-entendidos hilariantes, numa tentativa de não ser descoberto. Após cerca de trezentos anos, esta história ainda é muito actual e ainda hoje enche os teatros. Mesmo o homem contemporâneo, como o Arlequim, é frequentemente forçado a fazer malabarismos com situações diferentes e contraditórias até que o engano seja revelado.
O que me impressionou foi a descrição da personagem de Arlequim feita pelo próprio Goldoni na introdução à peça, definindo-o como "Servidor tolo e astuto ao mesmo tempo", bem como o julgamento expresso por um crítico de teatro para quem o autor exalta a prontidão e astúcia de Truffaldino (alias Harlequin), e a sua capacidade de adaptação e sobrevivência.
II.
A analogia entre a figura de Truffaldino (identificada por Strehler com a máscara Bergamasca de Arlequim) e a do administrador na parábola do Evangelho de hoje salta imediatamente aos olhos. O administrador encurralado pelo seu patrão que lhe pediu contas da administração porque era acusado de fraude, conseguiu resolver o seu problema fazendo amizade com os devedores do seu patrão. O patrão (na verdade o Senhor) elogia a prontidão e astúcia deste administrador e conclui a parábola alertando: "Nenhum servo pode servir dois senhores”. Os dois senhores do Arlequim eram quase semelhantes, mas mesmo assim a farsa não podia durar muito, quanto mais como poderíamos servir dois senhores totalmente diferentes, como Deus e Mammon (riqueza). Os dois têm lógicas completamente diferentes: um diz para acumular capital para ficar cada vez mais rico, o outro diz para vender tudo e dar aos pobres. Como podemos obedecer a ambos quando exigem duas coisas completamente opostas? É aí que deve ser feita uma escolha. Não podemos deixar de saltar toda a nossa vida de um senhor para outro, como arlequins. A riqueza é em si mesma ateia, porque dá a ilusão de não precisar de Deus, ela substitui Deus.
III.
É estranho que o patrão, depois de saber que o administrador tinha roubado, lhe peça contas e ainda o deixe lá para resolver as coisas. Todos nós o teríamos removido imediatamente, para o proibir de cometer mais fraudes. Em vez disso, o patrão parece querer dar-lhe uma oportunidade de redenção. O administrador arriscou e, de facto, no final, acabou por saldar as contas: perdoou aos devedores a percentagem que lhe deviam (os administradores aumentavam a dívida em 20 ou 50 por cento como comissão pelo trabalho, uma vez que não tinham pagamento e tinham de compensar com os clientes).
Ele tinha feito as contas: "O que vou fazer agora que o meu chefe me está a me tirar a administração?". Havia várias hipóteses: ir trabalhar mas era demasiado difícil para ele, mendigar era demasiado vergonhoso. Poderia ter recolhido as suas percentagens, mas depois sabia que o dinheiro acabaria mais cedo ou mais tarde ou poderia ser roubado; poderia ter enchido os seus armazéns com cereais e óleo, mas estes também acabariam mais cedo ou mais tarde ou poderiam se estragar. Percebeu então que o mais importante era ter amigos e para os ganhar sacrificou os seus bens.
No final, as contas voltaram e o patrão recebeu tudo a que tinha direito, razão pela qual elogiou o administrador pela sua criatividade. Ele foi capaz de transformar uma crise numa oportunidade.
IV.
No seu famoso discurso (e testamento) “Stay Hungry, stay foolish” (Fique com fome, fique louco’) proferido na cerimónia de graduação da Universidade de Stanford em 2005, Steve Jobs disse que foi precisamente quando foi despedido pela direcção da Apple (a empresa que ele fundou) que ele, após um momento inicial de desconcerto, teve o seu renascimento: "Não me apercebi na altura, mas ser despedido da Apple foi a melhor coisa que me poderia ter acontecido. ... Libertou-me de impedimentos e permitiu-me entrar num dos períodos mais criativos da minha vida”. Fundou uma nova empresa com tecnologias avançadas que em seguida a Apple comprou e foi então contratado de volta pela Apple, que graças a estas novas descobertas se tornou o que é agora. "Tenho a certeza que nada disto teria acontecido se eu não tivesse sido despedido pela Apple".
Já três séculos antes, o Arlequim parece encarnar a figura do homem faminto e louco descrito por Steve Jobs.
Quanto ao nosso administrador da parábola, se ele não tivesse sido despedido, nunca teria revolucionado a sua vida e conquistado tantos novos amigos.
V.
A parábola recorda-nos que tudo é de Deus; nós somos apenas administradores e não proprietários. Um dia, o Senhor pedir-nos-á que prestemos contas de como administrámos os seus bens. Ele também nos dará a oportunidade de nos redimirmos, de arrumar as contas. A parábola ensina-nos também que a melhor maneira de conseguirmos é doar, dar esmola, ganhar novos amigos. Deus perguntar-nos-á quantas pessoas fizemos felizes nas nossas vidas? Quantos amigos conquistamos?
Esta parábola é um convite a ser ousado, a ter sempre fome e a ser louco, como o administrador astuto e como o Arlequim (este último também no sentido literal).
Desta forma, também nós acabaremos por receber o louvor do Senhor.
No final, o administrador astuto encontrará muitos novos amigos.
No final, quando o engano acabar, o Arlequim encontrará o amor e casará.
E nós, não esperamos pelo fim para receber isto: já agora podemos deixar de servir dois ou mais senhores e tornarmo-nos livres; já agora podemos dar algo de nós próprios aos outros para os fazer felizes; já agora podemos rodear-nos de verdadeiros amigos. Qual é o segredo? Talvez seja o segredo do Arlequim, retomado por Steve Jobs: ter sempre fome e também ser um pouco loucos.
(A música no fundo é "Odissea veneziana" do Rondò Veneziano, tocada pela Riana)
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