top of page
Immagine del redattore P. Ezio Lorenzo Bono, CSF

🇮🇹 IL SEME SOTTO LA NEVE 🇵🇹 A SEMENTE SOB A NEVE


🇮🇹 IL SEME SOTTO LA NEVE

(testo e video in 🇮🇹 italiano)

Una riflessione per la XXIX Domenica del Tempo Comune C (16-10-2022)

< Lc 18,1-8 (La vedova insistente)

I.

“Il seme sotto la neve” è il titolo del bel romanzo di Ignazio Silone dove racconta le vicende di Pietro Spina lo stesso protagonista del suo romanzo precedente “Pane e vino” , e erede diretto di Berardo Viola, il personaggio principale dell’altro famoso romanzo “Fontamara”, sempre di Silone. Pietro, un giovane comunista perseguitato per le sue idee antifasciste, ritorna come clandestino al suo paese di origine in Abruzzo dove viene accolto e nascosto da sua nonna, Donna Maria Vincenza, una matrona riconosciuta e rispettata la quale farà di tutto per riscattare suo nipote, ricorrendo con insistenza ad avvocati e politici per ottenere giustizia.

Una donna decisa a scomodare tutti, non solo gli uomini, ma perfino Dio, come racconta l’amico (don) Severino allo stesso Pietro, al quale alla fine del romanzo, parlando degli ultimi desideri della nonna riferisce «Ella spera, mi disse, di essere accolta in Cielo, non per i suoi meriti, si capisce, ma per quelli della comune redenzione. In vista del suo soggiorno lassù mi confidò un suo piano minutamente studiato. Se te ne parlo, Pietro, è perché ti riguarda personalmente. In Cielo dunque ell’è sicura di ritrovare tua madre ch’era una buona cristiana (spera di ritrovarvi anche tuo padre, ma gli uomini, per quello che lei ha in mente, non servono) ed è anche certa di ritrovare l’altra tua nonna che non hai conosciuta. Donna Maria Vincenza m’assicurò che se il Padre Eterno non ti prende direttamente sotto la sua protezione, loro tre eleveranno tali proteste che il Paradiso si trasformerà in un vero e proprio inferno, e non la smetteranno finché non otterranno quello che vogliono. Adesso tu ridi, Pietro, ma siccome conosco tua nonna molto bene, non ho il minimo, non il più pallido dubbio che manterrà il suo proposito.»

II.

Nella Bibbia incontriamo varie donne che hanno “incalzato” Dio, fino a quando non hanno ottenuto ciò che volevano. Sembra che Dio ascolti molto più le donne che gli uomini (forse Donna Maria Vincenza questo lo sapeva, quando pensava che “gli uomini, per quello che lei ha in mente non servono”). Le preghiere insistenti smuovono Dio, come quelle di Anna madre di Samuele, della regina Ester, di Maria che fa “anticipare” la propria ora al figlio Gesù. O quelle della cananea alla quale Gesù disse che non poteva dare ai cani ciò che era dei figli. Lei “impartirà” una lezione a Gesù rispondendo che al banchetto del Regno c’è posto per tutti, anche per i cani. Oppure le preghiere della vedova che abbiamo sentito nel vangelo di oggi che importuna il giudice malvagio fino ad ottenere ciò che vuole.

Dio sa che deve ascoltare le donne, altrimenti queste scatenano il finimondo. (Anche i mariti ne sanno qualcosa: quando la moglie si fissa su una cosa nessuno, nemmeno Dio, gliela toglie dalla testa. Basta pensare ad Eva la prima donna: non ha obbedito a Dio, figuriamoci se obbedisce al marito).

Sembra che Dio si vince per sfinimento. Come fece anche Monica che ha pregato tutta la vita per la conversione del figlio Agostino. Anche Donna Maria Vincenza del romanzo di Silone sembra dire le stesse parole di Monica, come ci riporta sempre (don) Severino: “Quaggiù, adesso non ho proprio più nulla da fare; quindi immagino che il Signore da un momento all’altro mi richiamerà a sé”.

III.

Tanti non pregano più o perdono la fede perché non ottengono risposte. Desistono rapidamente dai loro propositi.

C’è una bella catechesi del teologo Mons. Giovanni Cesare Pagazzi (recentemente nominato da Papa Francesco come Segretario del Dicastero della Cultura e l’Educazione) dal titolo “Dalla paura alla fede” (si trova su Youtube), dove dice che dalla perdita della fede, della fiducia in Dio, ne consegue solo la paura. Il serpente aveva promesso mari e monti ad Adamo ed Eva (conoscenza illimitata, essere come Dio, etc.) ed invece quando si “affrancano” da Dio, perdendo la fiducia in Lui, si ritrovano solamente con la paura. Prima del peccato non avevano paura di niente ed ora si nascondono per timore. Ma hanno paura di che cosa? Mons. Pagazzi invita a non fermarsi a guardare ai “peccati” che sono solo “sintomi” (come i brufoli) di una male più profondo. Invita a scavare dentro di noi per arrivare all’origine della nostra paura che è essenzialmente la paura di rimanere soli, abbandonati, perché Dio, pur esistendo, è percepito come uno che non è “capace” di aiutarmi.

Il giudice malvagio (della parabola di oggi) sembra riflettere l’idea che spesso abbiamo di Dio, come di Colui che volendo potrebbe fare qualcosa per noi, ma non lo fa, è lontano dalle nostre preoccupazioni, dai nostri bisogni reali.

Alla fine però Dio interviene e salva chi ha perseverato fino alla fine, e non chi si è perso a metà del cammino (“chi crederà fino alla fine sarà salvato”).

La fede è non aver paura che Dio ci abbandoni. Un padre o una madre non abbandonano mai i loro figli (“se voi che siete cattivi sapere dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro…”). L’uomo importunato in piena notte dall’amico che gli chiede pani per degli amici arrivati all’improvviso, alla fine “sfinito” dall’insistenza dell’altro si alzerà. Così il giudice malvagio che non teme Dio alla fine verrà convinto per sfinimento. Perché Dio non può essere meno umano degli umani, non può essere meno umano dell’uomo che ha soccorso controvoglia il suo amico nella notte, o del giudice malvagio che fa giustizia alla vedova insistente.

IV.

Il vangelo termina con una domanda inquietante: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

È curioso vedere che Gesù alla fine non vuole sapere se troverà l’amore, le chiese, le strutture, i dogmi, le organizzazioni, etc…. ma se troverà la fede. Perché questa è la cosa più importante di tutte. Se si spegne la fede si spegne l’amore, la speranza, ogni altra cosa. San Paolo il quale aveva detto che alla fine rimangono solo tre cose: “la fede, la speranza e l’amore, e più grande di tutto è l’amore”, al termine della sua vita dice: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede”. Non dice “ho conservato l’amore”, ma la fede, che sono poi la stessa cosa, perché la fede è amore (amare è una “voce” del verbo credere).

Gesù qui non si riferisce alla fine del mondo, ma alla fine del mondo di ciascuno di noi, quando verrà a chiamarci e vorrà sapere se quel “seme sotto la neve” che Lui ha piantato nella terra della nostra anima è germinato, è divenuto un forte arbusto oppure s’è atrofizzato o è addirittura sparito.

Alla domanda di Gesù «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» rispondiamo con fede: “Certo Signore: quando verrai a prendermi troverai ancora la fede nella terra della mia anima, ed allora Tu mi porterai con Te, dove vorrai, ed io non avrò più paura”.


(La musica di sottofondo è “River flows in you” di Yiruma).



🇵🇹 A SEMENTE SOB A NEVE

(texto e vídeo em 🇵🇹 português)

Uma reflexão para o XXIX Domingo do Tempo Comum C (16-10-2022)

< Lc 18,1-8 (A viúva persistente)

I.

"A Semente Sob a Neve" é o título do belo romance de Ignazio Silone, no qual narra as vicissitudes de Pietro Spina, o mesmo protagonista do seu romance anterior "Pão e Vinho" e herdeiro directo de Berardo Viola, a personagem principal do outro famoso romance 'Fontamara', também de Silone. Pietro, um jovem comunista perseguido pelas suas ideias anti-fascistas, regressa como imigrante ilegal à sua cidade natal em Abruzzo, onde é acolhido e escondido pela sua avó, Donna Maria Vincenza, uma reconhecida e respeitada matrona que fará tudo para resgatar o seu neto, recorrendo insistentemente a advogados e políticos para obter justiça.

Uma mulher determinada a incomodar todos, não só os homens, mas até mesmo Deus, como o seu amigo (don) Severino diz ao próprio Pietro, a quem no final do romance, falando dos últimos desejos da sua avó, ele relata: "Ela espera, disse-me, ser recebida no Céu, não pelos seus méritos, é claro, mas pelos da redenção comum. Tendo em conta a sua estadia lá em cima, ela confiou-me um plano dela que tinha estudado em pormenor. Se lhe falo nisso, Pietro, é porque lhe diz respeito pessoalmente. No Céu, então, ela está certa de encontrar a tua mãe que era uma boa cristã (ela espera encontrar o teu pai também, mas os homens, pelo que ela tem em mente, não têm qualquer utilidade) e ela também está certa de encontrar a tua outra avó que não conheceste. Donna Maria Vincenza garantiu-me que se o Pai Eterno não te levar directamente sob a sua protecção, as três levantarão tais protestos que o Paraíso se transformará num verdadeiro inferno, e não irão parar até conseguirem o que querem. Agora ris-te, Pietro, mas como conheço muito bem a tua avó, não tenho a mínima dúvida de que ela vai manter a sua intenção".

II.

Na Bíblia, encontramos várias mulheres que "pressionaram" Deus até conseguirem o que queriam. Parece que Deus ouve muito mais as mulheres do que os homens (talvez Donna Maria Vincenza soubesse disso quando pensou que "os homens, pelo que ela tem em mente, não têm qualquer utilidade"). Orações persistentes movem Deus, como as de Ana, a mãe de Samuel, da rainha Ester, de Maria que faz o seu filho Jesus 'antecipar' a sua hora. Ou as da mulher cananéia a quem Jesus disse que não podia dar aos cães o que era dos filhos. Ela "dá uma lição” a Jesus ao responder que no banquete do Reino há lugar para todos, até mesmo para os cães. Ou as orações da viúva que ouvimos no evangelho de hoje que incomoda o juiz malvado até que ela consiga o que quer.

Deus sabe que ele tem de ouvir as mulheres, caso contrário elas começarão a fazer uma confusão. (Até os maridos sabem algo sobre isto: quando a esposa põe a sua mente em algo, ninguém, nem mesmo Deus, o tira da sua cabeça. Basta pensar em Eva, a primeira mulher: ela não obedeceu a Deus, quanto mais ao marido).

Parece que Deus é vencido pela exaustão. Tal como Mónica, que rezou toda a sua vida pela conversão do seu filho Agostinho. Donna Maria Vincenza do romance de Silone parece também dizer as mesmas palavras que Monica, segundo quanto (don) Severino relata: 'Aqui em baixo, não tenho mesmo nada para fazer agora; por isso imagino que o Senhor me chamará de volta a Si a qualquer momento'.

III.

Muitos já não rezam ou perdem a sua fé porque não recebem respostas. Rapidamente desistem das suas intenções.

Há uma bela catequese do teólogo Mons. Giovanni Cesare Pagazzi (recentemente nomeado pelo Papa Francisco como Secretário do Dicastério da Cultura e Educação) intitulada "Do Medo à Fé" (“Dalla Paura alla fede” se encontra no Youtube), onde diz que da perda da fé, da confiança em Deus, só resulta o medo. A serpente tinha prometido mares e montanhas a Adão e Eva (conhecimento ilimitado, para serem como Deus, etc.) e em vez disso, quando eles "se libertaram" de Deus, perdendo a sua confiança n'Ele, acabam apenas com medo. Antes do pecado, não tinham medo de nada e agora escondem-se por medo. Mas será que eles têm medo de quê? Mons. Pagazzi convida-nos a não parar para olhar aos 'pecados' que são apenas 'sintomas' (como borbulhas) de um mal mais profundo. Ele convida-nos a cavar dentro de nós para chegarmos à origem do nosso medo, que é essencialmente o medo de estarmos sozinhos, abandonados, porque Deus, apesar de existir, é visto como alguém que não é "capaz" de me ajudar.

O juiz máu (da parábola de hoje) parece reflectir a ideia que muitas vezes temos de Deus, como alguém que poderia fazer algo por nós se quisesse, mas não o faz, Ele está longe das nossas preocupações, das nossas necessidades reais.

No final, porém, Deus intervém e salva aqueles que perseveraram até ao fim, e não aqueles que estão perdidos no meio da viagem (“Aquele que acredita até ao fim será salvo").

A fé não é ter medo de que Deus nos abandone. Um pai ou uma mãe nunca abandona os seus filhos ("se você que é mau sabe como dar coisas boas aos seus filhos, quanto mais o seu Pai do céu…”). O homem importunado a meio da noite pelo seu amigo que lhe pede pães para amigos que chegaram de repente, acabará por "esgotar-se" com a insistência do outro e levantar-se-á. Assim, o juiz máu que não teme a Deus acabará por ser convencido pela exaustão. Pois Deus não pode ser menos humano que os humanos, não pode ser menos humano que o homem que ajudou o seu amigo na noite, ou o juiz máu que fez justiça à viúva insistente.

IV.

O evangelho termina com uma pergunta perturbadora: "Mas será que o Filho do Homem, quando vier, encontrará a fé na terra?"

É curioso ver que Jesus acaba por não querer saber se vai encontrar amor, igrejas, estruturas, dogmas, organizações, etc...., mas se vai encontrar fé. Pois isto é o mais importante de tudo. Se se extingue a fé, extingue-se o amor, a esperança, tudo o resto. São Paulo, que disse que no final apenas restam três coisas: 'fé, esperança e amor, e o maior de todos é o amor', diz no final da sua vida: 'Combati a boa luta, terminei a minha corrida, mantive a fé'. Ele não diz “mantive o amor", mas a fé, que é então a mesma coisa, porque a fé é amor (amar é um "item”, un derivado do verbo acreditar).

Jesus não se refere aqui ao fim do mundo, mas ao fim do mundo de cada um de nós, quando vier chamar-nos e irá querer saber se aquela "semente sob a neve" que Ele plantou na terra das nossas almas germinou, se tornou um arbusto forte ou se atrofiou ou até desapareceu.

À pergunta de Jesus "Mas será que o Filho do Homem, quando vier, encontrará fé na terra?" respondemos com fé: "Certamente Senhor, quando vieres ainda encontrarás fé no solo da minha alma, e então levar-me-ás contigo, onde quer que venhas, e eu não terei mais medo".


(A música de fundo é "River flow in you" de Yiruma).

15 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


Post: Blog2 Post
bottom of page