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🇮🇹 “INNAMORÁTI PER FARCI INNAMORARE” 🇵🇹 "APAIXONADOS PARA NOS FAZER APAIXONAR"


🇮🇹 “INNAMORÁTI PER FARCI INNAMORARE”

(Testo e vídeo in 🇮🇹 italiano)

Una riflessione per la IV Domenica di Pasqua (30–4-2023)

< Gv 10,1-10 (Il Buon Pastore)

I.

Lo scrittore e insegnante statunitense “Dale Carnegie” nel suo libro che ha venduto più di 15 milioni di copie “Come trattare gli altri e farseli amici “, dice che il suono più dolce che ogni persona può sentire è il suono del proprio nome. Forse è per questo che rimaniamo indispettiti quando le persone a cui teniamo non ricordano il nostro nome, o peggio, ci chiamano con il nome di un altro. Ci indispettiamo non solo perché ci aspettavamo che quella persona si ricordasse il nostro nome, ma anche perché pensiamo di non aver colpito l’altro in modo particolare da ricordarsi il nostro nome. Così ci sentiamo lusingati quando, a distanza di anni, qualcuno ricorda ancora il nostro nome, di più ancora se si tratta di una persona importante. Si dice che Napoleone avesse una memoria formidabile per i nomi, e in questo modo si era fatto molti amici e alleati. E’ vero che qualcuno non ce la fa proprio a ricordare i nomi, specie quando sono tanti, ma c’è anche chi invece fa a finta di dimenticarsi il nostro nome, per offenderci, insinuando che non siamo così importanti al punto da ricordarne il nome.

Essere chiamati per nome ha un potere magico, che ci predispone favorevolmente verso qualcuno.

II.

Una volta, entrando in una classe nuova per far lezione, sentii il capoclasse che aveva iniziato l’appello non chiamando gli studenti col loro nome ma col numero corrispondente sul registro: 1 - presente; 2 - presente; 3 - non c’è; 4 - presente… Rimasi inorridito e chiesi agli studenti: Ma tu ti chiami 1 e tu 2? No, mi dissero, questo è il modo più rapido per segnare le presenze senza perdere tempo. Ma chiamare le persone per nome non è una perdita di tempo, anzi. Allora chiesi loro che ciascuno venisse chiamato per nome, così che tutti potessero imparare il nome degli altri e ognuno potesse sentire di essere una persona e non un numero. Nei campi di concentramento le persone erano marcate coi numeri. Anche negli ospedali a volte i pazienti sono detti, per esempio, il 2 della stanza 7.

I primi giorni in Africa, quando le persone mi vedevano passare per strada, mi guardavano sorridendo e pronunciavano il mio nome. Io allora mi fermavo e chiedevo loro cosa volessero, perché mi avevano chiamato. E loro mi rispondevano “Non vogliamo niente, stavamo solo salutando”. Salutare qualcuno è chiamarlo per nome. Questo significava che dovevo imparare il nome delle persone se le volevo salutare.

Baglioni nella sua bellissima canzone “Reginella” dice “quei nomi che inventai, quando li pronunciavo, non era per chiamarti ma per sospirarli”. (Tra parentesi: hanno dato il premio Nobel per la letteratura a Bob Dylan, ma non so cosa aspettano a darlo a Claudio Baglioni che ha dei testi magnifici, più belli di Dylan).

III.

Chiamare qualcuno per nome è toglierlo dall’anonimato. Non è sufficiente però solo chiamare per nome, ci vuole ancora qualcosa di più. Nella bellissima canzone “Vocazione” di Pierangelo Sequeri il chiamato dice “Quante volte un uomo con il nome giusto mi ha chiamato, una volta sola l’ho sentito pronunciare con amore”. La Vocazione (ed oggi è proprio la giornata mondiale di preghiera per le vocazioni) è la risposta da innamorati a chi ci ha chiamato con amore. Nel suo commento al Vangelo di oggi, Paolo Curtaz dice ai sacerdoti e religiosi: “Che poi siate fragili, incoerenti, a volte burberi, poco importa. Siate, però, innamorati. Per farci innamorare”. È una bella definizione di chi è chiamato da Dio: “il sacerdote, il consacrato è un innamorato che fa innamorare. Gesù chiama per nome non solo i consacrati ma tutti, come abbiamo sentito nel Vangelo di oggi, dove Gesù parlando di sé come del Buon Pastore, dice che “egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome”. Lui chiama ciascuno di noi per nome, e ci chiama con amore. E noi siamo qui perché ci siamo sentiti chiamare da Lui con amore e lo seguiamo perché abbiamo riconosciuto la sua voce. In passato tanti andavano in Chiesa per paura dell’inferno o dei castighi che Dio poteva infliggere già in questa vita. Noi invece siamo qui non per timore ma per amore, perché siamo innamorati di Dio. Nessuno ci obbliga. Siamo ritornati in Chiesa dopo la pandemia, per libera scelta nostra, quando avremmo potuto fare come altri che hanno preso l’occasione per non andare più in Chiesa. Noi siamo ancora qui, e questo è bellissimo.

IV.

“Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato: entrerà e uscirà e troverà pascolo” ci dice ancora oggi Gesù nel Vangelo. Io sono venuto perché abbiate la vita e vita in abbondanza. Eppure quante volte ci ficchiamo in altre porte che non ci portano alla vita ma alla desolazione. Vi ricordate settimana scorsa vi avevo parlato del pessimismo cosmico di Leopardi. Proprio ieri sono andato a vedere il luogo della tomba di Torquato Tasso visitata dal Leopardi nella stupenda chiesa di Sant’Onofrio al Gianicolo (in parte all’Ospedale Bambin Gesù). Mi sono emozionato pensando che Leopardi 200 anni fa stava li in quello stesso luogo, dove aveva trovato un po’ di sollievo alla sua disperazione. E ho pensato: Caro Leopardi, se invece di aver oltrepassato solamente la porta della chiesa e fermarti in fondo a cercare conforto sulla tomba di un morto, avresti oltrepassato la porta di Gesù Buon Pastore vivente, avresti trovato rimedio al tuo sconforto e dal Poeta Divino Gesù Cristo avresti trovato la linfa per diventare poeta non del pessimismo cosmico, ma dell’Amore Cosmico.

Anche se nel suo Zibaldone, scrisse che Gesù rappresentava per lui l'unica figura degna di essere seguita, in quanto incarnava i valori dell'amore, della compassione e della giustizia sociale, Leopardi non ebbe però mai il coraggio di attraversare pienamente la porta di Gesù.

Perché purtroppo è possibilissimo oltrepassare solo la porta della chiesa, ma non oltrepassare mai la porta di Gesù. E noi, abbiamo già oltrepassate entrambe le porte?


  • Musica di sottofondo: Pelos Prados e Campinas - Salmo 22 - Piano Instrumental



🇵🇹 "APAIXONADOS PARA NOS FAZER APAIXONAR"

(Texto e vídeo em 🇵🇹 português)

Uma reflexão para o Quarto Domingo de Páscoa (30-4-2023)

<Jo 10,1-10 (O Bom Pastor)

I.

O escritor e professor americano "Dale Carnegie", no seu livro que vendeu mais de 15 milhões de exemplares "Como tratar os outros e fazer amigos", diz que o som mais doce que uma pessoa pode ouvir é o som do seu próprio nome. Talvez seja por isso que ficamos aborrecidos quando as pessoas de quem gostamos não se lembram do nosso nome, ou pior, nos chamam pelo nome de outra pessoa. Ficamos aborrecidos não só porque esperávamos que essa pessoa se lembrasse do nosso nome, mas também porque pensamos que não impressionámos a outra pessoa o suficiente para se lembrar do nosso nome. Ao contrário, sentimo-nos lisonjeados quando, depois de muitos anos, alguém ainda se lembra do nosso nome, ainda mais se for uma pessoa importante. Diz-se que Napoleão tinha uma memória formidável para os nomes e que, desta forma, fez muitos amigos e aliados. É verdade que algumas pessoas não se lembram de nomes, sobretudo quando são tantos, mas também há quem finja esquecer o nosso nome, para nos ofender, insinuando que não somos suficientemente importantes para ele lembrar o nosso nome.

Ser chamado pelo nome tem um poder mágico, que nos predispõe favoravelmente em relação a alguém.

II.

Uma vez, ao entrar numa nova turma para dar aulas, ouvi o chefe de turma que tinha começado a chamada nominal não chamando os alunos pelos nomes, mas pelo número correspondente na lista: 1 - presente; 2 - presente; 3 - ausente; 4 - presente... Fiquei horrorizado e perguntei aos alunos: Mas o teu nome é 1 e o teu nome é 2? Não, disseram-me, esta é a forma mais rápida de marcar a presença sem perder tempo. Mas chamar as pessoas pelo nome não é uma perda de tempo, pelo contrário. Por isso, pedi-lhes que todos fossem chamados pelo nome, para que todos aprendessem o nome uns dos outros e todos se sentissem uma pessoa e não um número. Nos campos de concentração, as pessoas eram marcadas com números. Mesmo nos hospitais, os doentes são por vezes chamados, por exemplo, o 2 do quarto 7.

Nos primeiros tempos em África, quando as pessoas me viam a andar na rua, olhavam para mim a sorrir e diziam o meu nome. Eu parava e perguntava-lhes o que queriam, porque é que me tinham chamado. E elas respondiam: 'Não queremos nada, só estávamos a cumprimentar. Para eles cumprimentar alguém é chamá-lo pelo nome. Isto significava que tinha de aprender o nome das pessoas se as quisesse cumprimentar.

Baglioni, na sua bela canção "Reginella", diz: "esses nomes que inventei, quando os pronunciava, não era para te chamar, mas para suspiraá-los. (A propósito: deram o Prémio Nobel da Literatura a Bob Dylan, mas não sei do que estão à espera para o dar a Claudio Baglioni, que tem letras magníficas, mais bonitas do que Dylan).

III.

Chamar alguém pelo nome é retirá-lo do anonimato. Mas não basta apenas chamar pelo nome, é preciso algo mais. Na bela canção "Vocação" de Pierangelo Sequeri, a pessoa chamada diz: "Quantas vezes me chamou um homem com o nome certo, mas só uma vez o ouvi pronunciá-lo com amor". A vocação (e hoje é precisamente o Dia Mundial de Oração pelas Vocações) é a resposta amorosa àquele que nos chamou com amor. No seu comentário ao Evangelho de hoje, Paul Curtaz diz aos sacerdotes e religiosos: "Pouco importa que sejais frágeis, incoerentes, por vezes rudes. Sede, porém, apaixonados. Fazer-nos apaixonar". É uma bela definição daquele que é chamado por Deus: "o padre, o consagrado é o apaixonado que faz apaixonar". Jesus chama pelo nome não só os consagrados, mas todos, como ouvimos no Evangelho de hoje, onde Jesus, falando de si mesmo como o Bom Pastor, diz que "chama as suas ovelhas, cada uma pelo seu nome". Ele chama cada um de nós pelo nome, e chama-nos com amor. E nós estamos aqui porque o ouvimos chamar-nos com amor, e seguimo-lo porque reconhecemos a sua voz. No passado, muitos iam à Igreja por medo do inferno ou dos castigos que Deus poderia infligir já nesta vida. Nós, pelo contrário, não estamos aqui por medo, mas por amor, porque estamos apaixonados por Deus. Ninguém nos está a obrigar. Voltámos à Igreja depois da pandemia, por nossa livre escolha, quando podíamos ter feito como outros que aproveitaram a oportunidade para deixar de ir à Igreja. Ainda estamos aqui, e isso é lindo.

IV.

"Eu sou a porta: se alguém entrar por mim, salvar-se-á; entrará e sairá, e encontrará pastagem", ainda diz-nos Jesus hoje no Evangelho. Eu vim para que tenhais vida e vida em abundância. No entanto, quantas vezes entramos noutras portas que não nos conduzem à vida, mas à desolação. Lembram-se que na semana passada vos falei do pessimismo cósmico de Leopardi. Ainda ontem fui visitar o túmulo de Torquato Tasso, visitado por Leopardi na bela igreja de Sant'Onofrio al Gianicolo (ao lado do Hospital “Bambin Gesù”). Emocionei-me ao pensar que Leopardi estava ali, há 200 anos, naquele mesmo lugar, onde tinha encontrado algum alívio para o seu desespero. E pensei: "Caro Leopardi, se, em vez de passares apenas pela porta da igreja e parares na entrada para te consolares junto à sepultura de um morto, tivesses passado pela porta de Jesus, o Bom Pastor Vivo, terias encontrado um remédio para o teu desespero e, do Divino Poeta Jesus Cristo, terias encontrado a seiva para te tornares um poeta não do pessimismo cósmico, mas do Amor Cósmico.

Embora no seu Zibaldone tenha escrito que Jesus representava para ele a única figura que valia a pena seguir, porque encarnava os valores do amor, da compaixão e da justiça social, Leopardi nunca teve a coragem de atravessar completamente a porta de Jesus.

Porque, infelizmente, é possível passar só pela porta da igreja, e nunca pela porta de Jesus.

E nós, já passámos as duas portas?


  • Na Música de fundo: Pelos Prados e Campinas - Salmo 22 - Piano Instrumental


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