🇮🇹 LA CURA
(testo e video in 🇮🇹 italiano)
Una riflessione per la XV Domenica del Tempo Comune C (10-7-2022)
> Lc 10,25-37 (Il buon samaritano)
I.
Qualche anno fa un gruppo di artisti ha pubblicato una compilation dal titolo “Ti amo anche se non so chi sei” per promuovere la cultura della donazioni di organi. Il testo della canzone che da titolo all’album dice tra le altre cose:
“Se avevi i pantaloni o la sottana
Se eri un figlio di buona donna o eri scema
Se avevi gli occhi scuri come i miei
Se avevi una donna che ti tradiva
Se avevi un uomo che poi ti picchiava
Se lui ti amava o non ti amava lei
Io amerei certamente anche i tuoi figli
E li difenderei con i miei artigli
Come fossero davvero figli miei
Ti amo anche se non so chi sei”.
II.
In questa compilation è stata inserita anche la famosa canzone di Battiato, “La cura”. Il testo molto colto e raffinato di questa bellissima canzone si presta a diverse interpretazioni che vanno tutte benissimo: Un canto d’amore per la propria amata, l’amore e la cura verso se stessi come “esseri speciali”, l’amore di Dio che si prende cura delle sue creature, e con l’inserzione di questa canzone nell’album “Ti amo anche se non so chi sei” si può intendere anche come l’amore universale verso tutti gli uomini della terra.
Battiato, attraverso metafore e immagini oniriche, parla di guarigione del corpo e dell’anima, che supera ogni difficoltà: «Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore/dalle ossessioni delle tue manie/Supererò le correnti gravitazionali/lo spazio e la luce per non farti invecchiare/E guarirai da tutte le malattie».
E parlando di amore lo sguardo va oltre, a un amore universale che riguarda tutti gli uomini e le donne della terra, è quanto mi sembra di capire quando dice:
“Vagavo per i campi del Tennessee …Più veloci di aquile i miei sogni Attraversano il mare”
Probabilmente si riferiva alle lotte per la libertà dei nativi indiani americani nel Tennessee – o al lavoro degli afrodiscendenti costretti a lavorare nei campi di cotone del Tennessee. La cura è per tutti, e bisogna prendersi cura di tutti. Avere uno sguardo grande.
III.
Avrete capito subito perché oggi vi sto parlando della cura, perché è proprio di questo che ci parla Gesù nel Vangelo, della cura di quel samaritano nei confronti di chi era incappato nei briganti.
Il gesto del Samaritano che sente compassione e si china a soccorrere è l’emblema per eccellenza del “prendersi cura”. Quest’uomo non conosceva quello sfortunato, se era una brava persona o un malandrino, se era ricco o povero, se aveva studiato o era ignorante, se era giudeo, samaritano, o straniero, se quello che gli era successo se l’è cercata, se era un regolamento di conti… , “lo vide e n’ebbe compassione” (il verbo greco usato, ἐσπλαγχνίσθη letteralmente è il movimento interiore delle viscere, compassione intima, profonda, viscerale). Anche il sacerdote e il levita lo videro, ma non non si contorsero le loro viscere. Sembra che amare, più che un movimento del cuore sia un movimento delle viscere. E qui cade proprio a pennello il testo della canzone “Ti amo anche se non so chi sei”.
IV.
Ci viene rivelato in questa straordinaria parabola l’essenza dell’amore che non è l’essere amati, ma amare.
Noi sempre pensiamo che saremo felici quando saremo amati veramente da qualcuno… eppure la corrispondenza in amore non sembra essere un elemento fondamentale per la felicità.
Anche se non saremo corrisposti, anche se nessuno ci amerà, posiamo raggiungere ugualmente la felicità, perché il solo amare può riempire di senso e felicità la nostra vita. Amare senza aspettare il ritorno dell’amore, pura gratuità, altrimenti già non è vero amore, ma interesse. Amare non è possedere. Anzi per amore si rinuncia anche al possesso delle persone amate.
Il samaritano che si è preso cura di quell’uomo, probabilmente non lo avrà più rincontrato. Ma non fa niente. Anche se non ha ricevuto un ringraziamento, un riconoscimento per quello che ha fatto, non importa.
Invece quante volte noi facciamo ricatti di amore: “con tutto il bene che ti ho voluto e tu…”. O ci ritroviamo a recriminare: “con tutto il bene che ho fatto a tutti e cosa ne ho ricevuto in cambio?”.
Felice è chi sa amare molto e non chi è amato molto.
V.
Vorrei concludere con la breve favola del I secolo d.C. dello scrittore romano Igino detto l’Astronomo, riportata da Heidegger nel suo libro “Essere e tempo”.
“La ‘Cura’, mentre stava attraversando un fiume, scorse del fango cretoso; pensierosa ne raccolse un po’ e cominciò a dargli forma. Mentre è intenta a stabilire che cosa abbia fatto, interviene Giove. La ‘Cura’ lo prega di infondere spirito a ciò che essa aveva fatto. Giove acconsente volentieri. Ma quando la ‘Cura’ pretese di imporre il suo nome a ciò che aveva fatto, Giove glielo impedì e volle che fosse imposto il proprio. Mentre Giove e la ‘Cura’ disputavano sul nome, intervenne anche la Terra, reclamando che a ciò che era stato fatto fosse imposto il proprio nome, perché aveva dato ad esso una parte del proprio corpo. I disputanti elessero Saturno a giudice. Il quale comunicò ai contendenti la seguente giusta decisione: Tu, Giove, che hai dato lo spirito, al momento della morte riceverai lo spirito; tu, Terra, che hai dato il corpo, al momento della morte riceverai il corpo. Ma poiché fu la ‘Cura’ che per prima diede forma a questo essere, fin che esso viva lo possieda la ‘Cura’. Per quanto concerne la controversia sul nome, si chiami homo poiché è fatto di humus (Terra)”.
(M. Heidegger, 1976, Essere e Tempo, trad. it. Longanesi, Torino, p. 247)
Questa favola, che ha molte rassomiglianze con la Genesi, ci ricorda che noi siamo stati fatti dalla ‘Cura’, e per questo dobbiamo “prenderci cura”.
Gesù ci dice lo stesso attraverso la parabola del samaritano: dobbiamo farci prossimo, e cioè amare, prenderci cura perché questa è la nostra essenza, l’essenza della vita e della felicità. E prendendoci cura degli altri Dio dice a ciascuno di noi: “Tu sei un essere speciale ed io mi prenderò cura di te”.
(La musica di sottofondo nel video è “La cura” di Franco Battiato, versione pianoforte)
🇵🇹 A CURA
(texto e vídeo em 🇵🇹 português)
Uma reflexão para o 15º Domingo do Tempo Comum C (10-7-2022)
> Lc 10:25-37 (O Bom Samaritano)
I.
Há alguns anos, um grupo de artistas lançou uma compilation intitulada "Amo-te apesar de não saber quem tu és" para promover a cultura da doação de órgãos. A letra da canção título do álbum diz, entre outras coisas:
"Se tivesse calças ou saia
Se era um filho da mãe ou era burro
Se tivesse olhos tão escuros como os meus
Se tivesse uma mulher que o enganasse
Se tinha um homem que depois lhe bateu
Se ele te amava ou não te amava
Eu também adoraria certamente os vossos filhos
E eu defendê-los-ia com as minhas garras
Como se fossem realmente meus filhos
Amo-te apesar de não saber quem tu és".
II.
A famosa canção de Battiato, “A cura”, também foi incluída nesta compilação. A letra muito culta e refinada desta bela canção presta-se a várias interpretações, todas elas perfeitamente belas: uma canção de amor pela pessoa amada; amor e cuidado por si próprio como um 'ser especial’; o amor de Deus que cuida das suas criaturas; e com a inclusão desta canção no álbum “Amo-te apesar de não saber quem tu és”, também pode ser entendida como amor universal por todas as pessoas na Terra.
Através de metáforas e imagens oníricas, Battiato fala da cura do corpo e da alma, que supera todas as dificuldades: 'Vou tirar-te das tuas dores e das tuas oscilações de humor/ Das obsessões das tuas manias/Superarei as correntes gravitacionais/Espaço e luz para que não envelheças/ Vais sarar de todas as doenças'.
E por falar em amor, o olhar vai mais longe, para um amor universal que diz respeito a todos os homens e mulheres na terra, é o que eu compreendo quando ele diz:
"Vagueei pelos campos do Tennessee ... Mais depressa do que águias os meus sonhos atravessam o mar".
Referia-se provavelmente às lutas pela liberdade dos índios nativos americanos no Tennessee - ou ao trabalho dos afro-descendentes forçados a trabalhar nos campos de algodão do Tennessee. O cuidado é para com todos. Ter um olhar grande.
III.
Terão compreendido imediatamente porque estou hoje a falar-vos de cuidados, porque é precisamente disto que Jesus nos fala no Evangelho, dos cuidados daquele samaritano para com aquele que se tinha deparado com ladrões.
O gesto do samaritano que sente compaixão e se inclina para ajudar é o emblema por excelência do "cuidado". Este homem não conhecia o infeliz, se era uma boa pessoa ou um patife, se era rico ou pobre, se tinha estudado ou era ignorante, se era judeu, samaritano ou estrangeiro, se o que lhe tinha acontecido era algo que ele merecia, se era um ajuste de contas..., 'ele viu-o e teve compaixão dele' (o verbo grego usado, ἐσπλλαγχνίσθη significa literalmente o movimento interior das entranhas, compaixão íntima, profunda, visceral). O sacerdote e o levita também viram isto, mas não torceram as suas entranhas. Parece que o amor, mais do que um movimento do coração, é um movimento das entranhas. E aqui a letra da canção "Amo-te apesar de não saber quem tu és" encaixa bem no lugar.
IV.
Nesta parábola extraordinária revela-se a essência do amor, que não é ser amado, mas sim amar.
Pensamos sempre que seremos felizes quando somos verdadeiramente amados por alguém... no entanto a correspondência no amor não parece ser um elemento fundamental para a felicidade.
Mesmo que não sejamos correspondidos, mesmo que ninguém nos ame, ainda podemos alcançar a felicidade, porque amar pode sozinho encher as nossas vidas de sentido e felicidade. Amar sem esperar retorno, por pura gratuidade, senão já não é amor verdadeiro, mas sim interesseiro. Amar não é possuir. De facto, amar é renunciar mesmo à posse da pessoa amada.
O samaritano que cuidou daquele homem provavelmente nunca mais o irá encontrar. Mas não faz mal. Mesmo que não tenha recebido um agradecimento, um reconhecimento pelo que fez, isso não importa.
Em vez disso, quantas vezes fazemos chantagens de amor: "com todo o bem que fiz por ti, e tu…” Ou encontramo-nos a recriminar: "com todo o bem que fiz a todos e o que recebi em troca?”.
Feliz é aquele que sabe amar muito e não aquele que é muito amado.
V.
Gostaria de concluir com uma pequena fábula do século I d.C. do escritor romano Hyginus chamado Astrónomo, citada por Heidegger no seu livro “O Ser e o Tempo”.
"A 'Cura', enquanto atravessava um rio, viu alguma lama calcária; pensativa, pegou nalguma e começou a moldá-la. Enquanto ela está empenhada em estabelecer o que fez, Júpiter intervém. A 'Cura' pede-lhe que infunda o que ela tinha feito com o espírito. Júpiter concorda de bom grado. Mas quando a ‘Cura’ exigiu impor o seu nome ao que tinha feito, Júpiter impediu-o de o fazer e queria que o seu próprio nome fosse imposto. Enquanto Júpiter e a ‘Cura’ disputavam pelo nome, a Terra também interveio, exigindo que o seu próprio nome fosse imposto ao que tinha sido feito, porque lhe tinha dado uma parte do seu próprio corpo. Os disputantes elegeram Saturno como juiz. Ele comunicou aos disputantes a seguinte justa decisão: Tu, Júpiter, que deste o espírito, no momento da morte receberás o espírito; tu, Terra, que deste o corpo, no momento da morte receberás o corpo. Mas como foi 'Cura' quem primeiro deu forma a este ser, desde que viva 'Cura' deve possuí-lo. Quanto à disputa sobre o nome, que se chame ‘homo’, pois é feito de ‘húmus’ (Terra)".
(M. Heidegger, 1976, Being and Time, transl. it. Longanesi, Turim, p. 247)
Esta fábula, que tem muitas semelhanças com o Génesis, lembra-nos que fomos feitos pela ‘Cura’, e por isso devemos 'cuidar'.
Jesus diz-nos o mesmo através da parábola do samaritano: devemos fazer-nos próximos, ou seja, amar, cuidar, porque esta é a nossa essência, a essência da vida e da felicidade. E ao cuidar dos outros Deus diz a cada um de nós: 'Tu és um ser especial e eu vou cuidar de ti'.
(A música de fundo no vídeo é 'La cura' de Franco Battiato, versão para piano)
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