🇮🇹 LA SIGNORA DEI PICCIONI
Una riflessione per la XXIII Domenica, T.O. - B. (5–9-2021)
< Mc 7,31-37 (Effatà).
I.
Tutte le mattine quando vado al lavoro, prima del colonnato di Piazza San Pietro incontro una signora anziana, sola, sempre un po’ corrucciata, un po’ triste, che dà da mangiare ai piccioni che accorrono a centinaia. Dentro di me la chiamo “La signora dei piccioni”. Non l’ho mai sentita parlare, chissà perché ho sempre pensato che fosse muta. Ma venerdì scorso è successo qualcosa che vi racconterò alla fine.
Vorrei parlarvi prima di un altro fatto.
Tempo fa la direttrice di una scuola aveva chiamato i genitori di un bambino che aveva particolari problemi e aveva consigliato un cammino di accompagnamento speciale per il loro figlio. Ma questi non ne vollero sapere, non vollero accettare che il loro bambino avesse dei problemi e rifiutarono qualsiasi aiuto. I problemi del bambino però aumentarono sempre più e se all’inizio potevano essere risolti, più il tempo passava, più diventava difficile o impossibile il recupero. Diventato grande i suoi problemi si moltiplicarono e ormai non era possibile fare più nulla così che dovette convivere per tutta la vita con gravi difficoltà per colpa di coloro che avrebbe potuto e dovuto farlo curare subito all’inizio ma che si sono rifiutati per la vergogna di mostrare agli altri che il loro bambino aveva alcuni problemi.
II.
Il primo passo per uscire da un problema è quello di rendersi conto della sua esistenza. Tanti problemi, soprattutto se vengono rilevati in tenera età, possono essere risolti senza strascichi.
Anche in età adulta ci sono problemi e per questo dobbiamo essere attenti alle persone competenti che ci danno dei suggerimenti e ci vogliono aiutare a superarli. Se faccio una visita medica e il dottore mi consiglia una terapia e la seguo, ho molte probabilità di ricuperare la salute. Ma se non riconosco di essere ammalato e non seguo nessuna cura, la malattia non potrà far altro che avanzare fino a diventare irreparabile.
L’autoanalisi è il primo passo. Chiederci periodicamente: io come sto? C’è qualcosa che non va in me? Cosa posso fare per migliorare? Con questa autocoscienza sono già a metà cammino nella risoluzione del problema.
A volte però non mi rendo conto: per esempio un dipendente dall’alcol, da droghe o ludopatie, difficilmente riconosce di avere un problema e si giustifica dicendo: smetto quando voglio. Ecco che allora coloro che ci stanno accanto hanno la grande responsabilità di prendersi cura di noi. Loro possono vedere e percepire cose che noi nemmeno immaginiamo.
III.
Come nel caso del sordomuto che abbiamo sentito nel vangelo e che fu portato a Gesù perché lo curasse. Questo sordomuto non aveva mai sentito parlare di Gesù e quindi non avrebbe mai potuto decidere di andare da Lui per essere guarito (Come dicevamo già in un’altra occasione: nell’ignoranza non c’è libertà. Se non so nemmeno chi è Gesù, come potrò sceglierlo?).
Le persone che si sono prese cura del sordomuto e hanno deciso di agire in suo favore, avrebbero potuto infischiarsene, il problema era suo e non loro. Ma il nostro mondo diventa un mondo migliore perché ci sono tante persone che non se ne infischiano degli altri, ma se ne prendono cura, sono attente e cercano di fare qualcosa per soccorrere le necessità dei bisognosi (mi viene in mente per esempio la bella figura scomparsa in questi giorni di Gino Strada). Nel mondo però ci sono tanti altri sordi che non sentono il grido di sofferenza degli altri e agiscono come se il dolore degli altri non lo riguardasse. E come sono bravi nel giustificare se stessi e giudicare gli altri. “Loro sono in quella situazione perché sono lazzaroni, degli approfittatori, degli incapaci, etc. “. Sembra che Bill Gates abbia detto una volta: “Se uno nasce povero non è colpa sua, ma se muore povero è colpa sua”. Ma cosa stai dicendo Bill Gates, tu che sei il quarto uomo più ricco del mondo (nel 2021) non sai che la stragrande parte dell’umanità nasce nella povertà, lavora tutta la vita sudando molto più di te e muore ancora nella povertà? Non puoi pensare che chi non ha avuto opportunità come le tue possa ottenere i tuoi stessi risultati? E come Bill Gates quanti altri “sordi” che parlano quando invece dovrebbero stare muti, perché in natura chi è sordo è anche muto. Chi non ascolta non può parlare. Può solo tacere.
IV.
Se non ascoltiamo il grido dei poveri, dei disperati del mondo, non possiamo dire niente su di loro. Se non ascoltiamo un nostro familiare, nostro figlio, nostra moglie o marito, o un collega, un confratello… non possiamo parlare, né giudicare né condannare. Invece noi siamo dei “sordi parlanti”, che emettono solo versi senza nessun significato. Come ogni volta che noi vogliamo parlare di qualcosa di cui sappiamo poco o niente, non ne siamo informati, non abbiamo ascoltato nulla a riguardo (o solo commenti al bar o su una chat di pettegoli), eppure vogliamo parlare, sentenziare, e vomitare insulsaggini su tutto e tutti (come possiamo vedere quotidianamente sui mass media).
Una cosa strana che fa Gesù nel vangelo è quella di ridare la parola al muto e poi dare il comando di non parlare. Forse perché non dobbiamo parlare solo perché abbiamo la bocca e la facoltà di parlare, ma dobbiamo parlare solo se abbiamo qualcosa da dire. Quando non abbiamo niente da dire è meglio tacere. Piuttosto di usare parole come pietre per far del male è meglio restare muti. Le parole possono ferire ma possono anche lenire le ferite: dipende da noi. Possiamo dire bene (= bene-dire) o dire male (=male-dire).
Un altro dettaglio curioso nel vangelo: Gesù dopo aver detto “Effatà”, al sordomuto “subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente”. La prima parola che il miracolato ascolta è quella di Gesù e subito si mette a parlare “correttamente”. Non aveva sentito nessuna parola prima di quel momento eppure parla correttamente. Solo quando noi ascoltiamo la parola di Gesù possiamo parlare correttamente. Questo è il grande miracolo del vangelo di oggi: Gesù non solo ci abilita a parlare, ma a parlare correttamente. Chi non ha mai ascoltato Gesù cosa mai potrà dire di corretto?
V.
Per questa settimana facciamo un proposito: quello di parlare meno ed ascoltare di più. Proviamo a spegnere la bocca e accendere le orecchie. Solo dopo aver ascoltato Gesù e il grido degli altri potremo parlare. E proponiamoci di dire solo cose belle, buone, bene-dire e essere occasione per gli altri di incontrare Gesù. Essere come quelle persone che portarono il sordomuto a Gesù. Senza il gesto d’amore di quelle persone, il sordo non sarebbe mai uscito dalla sua sordità e non avrebbe parlato mai “correttamente”.
Prima di concludere vorrei riprendere il fatto della “signora dei piccioni”. Venerdì scorso, dicevo, è successo qualcosa di nuovo. Uno dei militari di postazione a una piazza, con la sua divisa e mitragliatrice a tracolla, si avvicinò alla signora e le offrì un pacchetto di biscotti per i suoi piccioni. Dovevate veder la scena, la signora rimase felicemente molto sorpresa, per la prima volta si è sentito la voce di quella donna che con un grido di gioia disse al militare: “Grazie, che il Signore ti benedica”. E per la prima volta ho visto il sorriso sul suo volto. È bastato un piccolo gesto di gentilezza, l’Effatà di quel giovane militare, per rompere il silenzio dei giorni e far splendere un sorriso su un volto sempre triste. Quella donna che pensava che a nessuno interessasse di lei, dei suoi piccioni, della sua missione che compiva scrupolosamente tutte le mattine, per la prima volta ha visto che qualcuno si era accorto di lei. Ora sapeva che non era inutile o invisibile.
Quante “signore dei piccioni” aspettano solo un nostro piccolo gesto d’amore per ricominciare a parlare, il nostro “Effatà” per aprire gli orecchi, la bocca e il cuore.
🇵🇹 A SENHORA DOS POMBOS
Uma reflexão para o 23º domingo, T.O. - B. (5-9-2021)
<Mc 7: 31-37 (Effatà).
I.
Todas as manhãs quando vou trabalhar, antes da colunata de São Pedro, encontro uma senhora idosa, sozinha, sempre um pouco zangada, um pouco triste, que alimenta os pombos que se aglomeram às centenas. Dentro de mim eu a chamo de “senhora dos pombos”. Nunca a ouvi falar, até sempre achei que ela era muda. Mas na sexta-feira passada aconteceu algo que contarei no final.
Eu gostaria antes de falar com vocês sobre um outro fato.
Há algum tempo, a diretora de uma escola ligou para os pais de uma criança com problemas particulares e recomendou um caminho especial de acompanhamento para seu filho. Mas eles não quiseram ouvir, não queriam aceitar que seu filho tivesse problemas e recusaram qualquer ajuda. No entanto, os problemas da criança aumentavam cada vez mais e se no início podiam ser resolvidos, quanto mais o tempo passava, mais difícil ou impossível se tornava a recuperação. Quando ele cresceu seus problemas se multiplicaram e agora não era possível fazer mais nada . Agora ele só tinha que conviver com sérias dificuldades toda a sua vida por causa daqueles que podiam e deveriam tê-lo tratado imediatamente no início, mas que se recusaram pela vergonha de mostrar aos outros que seu filho tinha alguns problemas.
II.
O primeiro passo para sair de um problema é reconhecer a sua existência. Muitos problemas, especialmente se forem detectados em uma idade precoce, podem ser resolvidos sem efeitos colaterais.
Mesmo na idade adulta existem problemas e para isso devemos estar atentos a pessoas competentes, que nos dão sugestões e querem ajudar-nos a superá-los. Se eu fizer um exame médico e o médico recomendar uma terapia e eu vou segui-la, tenho grandes chances de recuperar minha saúde. Mas se eu não reconhecer que estou doente e não seguir nenhum tratamento, a doença só pode avançar até se tornar irreparável.
A auto-análise é o primeiro passo. Periodicamente nos perguntamos: como estou? Há algo de errado comigo? O que posso fazer para melhorar? Com essa autoconsciência, já estou na metade do caminho para resolver o problema.
Às vezes, porém, eu não percebo: por exemplo, um viciado em álcool, drogas ou ludopatias, dificilmente reconhece que tem um problema e se justifica dizendo: eu paro quando quero. Portanto, aqueles ao nosso redor têm uma grande responsabilidade de cuidar de nós. Eles podem ver e perceber coisas que nem sequer imaginamos.
III.
Como no caso do surdo-mudo que ouvimos no evangelho e que foi trazido a Jesus para curá-lo. Esse surdo-mudo nunca tinha ouvido falar de Jesus e, portanto, nunca poderia ter decidido ir até ele para ser curado (Como dissemos em outra ocasião: na ignorância não há liberdade. Se eu nem sei quem é Jesus, como poderei escolhe-lo?).
As pessoas que cuidavam do surdo-mudo e decidiram agir a seu favor poderiam não ter-se importado, o problema não era deles mas do outro. O nosso mundo torna-se um mundo melhor quando há muitas pessoas que se importam com os outros, que cuidam deles, estão atentos e tentam fazer algo para ajudar as necessidades dos pobres (por exemplo, estou pensando na bela figura que desapareceu nestes dias: Gino Strada). No mundo, entretanto, existem muitos outros surdos que não ouvem o grito de sofrimento alheio e agem como se a dor alheia não os preocupasse. E como eles são bons em se justificar e julgar os outros. “Eles estão nessa situação porque são preguiçosos, aproveitadores, incompetentes, etc. " Parece que Bill Gates disse uma vez: "Se alguém nasce pobre não é culpa dele, mas se ele morre pobre é culpa dele." Mas o que você está dizendo Bill Gates? Você que é o quarto homem mais rico do mundo (em 2021) você não sabe que a grande parte da humanidade nasce na pobreza, trabalha a vida toda suando muito mais do que você e ainda morre na pobreza? Você acha que quem não teve oportunidades como as suas pode alcançar os mesmos resultados que você? E como Bill Gates, quantos outros “surdos” falam quando deveriam estar mudos, porque na natureza aqueles que são surdos também são mudos. Quem não escuta não pode falar. Ele só pode ficar em silêncio.
IV.
Se não ouvirmos o clamor dos pobres, dos desesperados do mundo, nada podemos dizer sobre eles. Se não ouvimos um familiar, nosso filho, nossa esposa ou marido, ou um colega, um confrade ... não podemos falar, nem julgar, nem condenar. Em vez disso, somos "surdos falantes", que emitem apenas versos sem qualquer significado. Como toda vez que queremos falar sobre algo de que sabemos pouco ou nada, não estamos informados, não ouvimos nada sobre isso (ou apenas comentários no bar ou em um chat de fofoca), mas queremos falar igualmente, sentenciar, e vomitar bobagens em cima de tudo e todos (como podemos ver diariamente nos meios de comunicação de massa).
Uma coisa estranha que Jesus faz no Evangelho é devolver a palavra ao mudo e então dar a ordem de não falar. Talvez porque não devemos falar só porque temos a boca e a capacidade de falar, mas temos de falar apenas se tivermos algo a dizer. Quando não temos nada a dizer, é melhor ficar calado. Em vez de usar palavras como pedras para ferir, é melhor ficar em silêncio. As palavras podem doer, mas também podem aliviar as feridas: depende de nós. Podemos dizer bem (= bom-dizer) ou dizer mal (= mal-dizer).
Outro detalhe curioso do Evangelho: Jesus depois de dizer “Effatà” ao surdo-mudo “imediatamente seus ouvidos se abriram, o nó de sua língua se desatou e ele falou correctamente”. A primeira palavra que o homem milagrado ouve é a de Jesus e imediatamente começa a falar "correctamente". Ele não tinha ouvido nenhuma palavra antes e ainda assim ele fala corretamente. Somente quando ouvimos a palavra de Jesus podemos falar corretamente. Este é o grande milagre do Evangelho de hoje: Jesus não só nos habilita a falar, mas a falar corretamente. Quem nunca deu ouvidos a Jesus, o que poderá dizer que é correto?
V.
Para esta semana assumimos um compromisso: falar menos e ouvir mais. Vamos tentar desligar a boca e ligar os ouvidos. Só depois de ouvir Jesus e o clamor dos outros poderemos falar. E proponhamo-nos a dizer só coisas belas, boas, bem faladas e ser uma oportunidade para os outros encontrarem Jesus. Ser como aquelas pessoas que conduziram o surdo-mudo a Jesus. Sem o gesto de amor dessas pessoas, o surdo-mudo nunca teria saído de sua surdez e nunca falaria "corretamente".
Antes de concluir, gostaria de voltar ao fato da "senhora dos pombos". Na sexta-feira passada, eu disse, algo novo aconteceu. Um dos soldados da praça, com o uniforme e a metralhadora pendurada no ombro, aproximou-se da senhora e ofereceu-lhe um pacote de biscoitos para seus pombos. Deviam ter visto a cena, a senhora ficou muito feliz e muito surpreendida, pela primeira vez se ouviu a voz daquela mulher que com um grito de alegria disse ao soldado: “Obrigada, que o Senhor te abençoe”. E pela primeira vez eu vi o sorriso em seu rosto. Um pequeno gesto de gentileza, o Effatà daquele jovem soldado, bastou para quebrar o silêncio dos dias e fazer brilhar um sorriso no rosto sempre triste. Aquela mulher que pensava que ninguém se importasse com ela, seus pombos, sua missão que ela cumpria meticulosamente todas as manhãs, viu pela primeira vez que alguém a notara. Agora ele sabia que não era inútil ou invisível.
Quantas “senhores dos pombos” estão à espera do nosso pequeno gesto de amor para voltar a falar, do nosso “Effatà” para abrir os ouvidos, a boca e o coração.
🇬🇧 THE LADY OF THE PIGEONS
A reflection for the XXIII Sunday, T.O. - B. (5-9-2021)
< Mk 7,31-37 (Effatà).
I.
Every morning when I go to work, before the colonnade of St Peter's square, I meet an old lady, alone, always a little frowning, a little sad, who feeds the pigeons that flock by the hundreds. Deep inside I call her 'the lady of the pigeons'. I've never heard her speak, for some reason I always thought she was mute. But last Friday, something happened which I will tell you about at the end.
I would like to tell you about something else first.
Some time ago the headmistress of a school called the parents of a child who had particular problems and recommended a special path of accompaniment for their son. But they didn't want to know about it, they didn't want to accept that their child had problems and refused any help. However, the child's problems increased more and more and if at the beginning they could be solved, the more time passed, the more difficult or impossible it became to recover. As he grew older, his problems multiplied and nothing could be done, so that he had to live with serious difficulties all his life because of those who could and should have treated him at the beginning but refused to do so because they were ashamed to show others that their child had problems.
II.
The first step in getting out of a problem is to realise that it exists. Many problems, especially if they are detected at an early age, can be solved without a hangover.
Even in adulthood there are problems, so we have to be alert to competent people who give us suggestions and want to help us overcome them. If I go for a medical check-up and the doctor recommends a therapy and I follow it, I have a high chance of regaining my health. But if I do not recognise that I am ill and do not follow any treatment, the disease will only progress until it becomes irreparable.
Self-analysis is the first step. Asking ourselves periodically: how am I doing? Is there something wrong with me? What can I do to improve? With this self-awareness I am already halfway to solving the problem.
Sometimes, however, I do not realise: for example, an alcohol, drug or gambling addict hardly recognises that he or she has a problem and justifies it by saying: I stop when I want to. So those around us have a great responsibility to take care of us. They can see and perceive things that we cannot even imagine.
III.
As in the case of the deaf-mute we heard in the Gospel who was brought to Jesus for treatment. This deaf-mute had never heard of Jesus and therefore could never have decided to go to Him to be healed. (As we said on another occasion: in ignorance there is no freedom. If I don't even know who Jesus is, how can I choose him?).
The people who cared for the deaf-mute and decided to act on his behalf could have cared less, the problem was not theirs. But our world becomes a better world because there are so many people who do care about others, are attentive and try to do something to help the needy (for example, the fine figure who died recently, Gino Strada, comes to mind). In the world, however, there are many other deaf people who do not hear the cry of suffering of others and act as if the pain of others did not concern them. And how good they are at justifying themselves and judging others. "They are in that situation because they are lazy, profiteers, incompetent, etc.". Apparently Bill Gates once said: "If one is born poor it is not his fault, but if one dies poor it is his fault". But what are you saying Bill Gates, you who are the fourth richest man in the world (in 2021) do not know that the vast majority of humanity is born in poverty, works all their lives sweating much more than you and still dies in poverty? Don't you think that those who have not had opportunities like yours can achieve the same results as you? And like Bill Gates, how many other "deaf people" who speak when they should be mute, because in nature those who are deaf are also mute. He who does not listen cannot speak. He can only remain silent.
IV.
If we do not listen to the cry of the poor, the desperate of the world, we cannot say anything about them. If we do not listen to our own family member, our child, our wife or husband, or a colleague, a brother... we cannot speak, nor judge, nor condemn them. Instead, we are "deaf-speakers", making only meaningless noises. Like every time we want to talk about something we know little or nothing about, are uninformed about, (or we got only comments of the bar or of a gossip chat), yet we want to talk, judge, and spew nonsense about everything and everyone (as we can see daily in the media).
A strange thing that Jesus does in the gospel is to give the word back to the mute and then give the command not to speak. Perhaps because we should not speak just because we have the mouth and the power to speak, but we should speak only if we have something to say. When we have nothing to say it is better to be silent. Rather than using words like stones to hurt, it is better to remain silent. Words can hurt, but they can also soothe wounds: it is up to us. We can say good things (benedicere) or we can say bad things (maledicere).
Another curious detail in the gospel: after Jesus had said "Effata", to the deaf-mute man's "ears were immediately opened, the knot in his tongue loosened, and he spoke correctly". The first word that the miraculous man hears is that of Jesus and he immediately begins to speak "correctly". He had not heard a word before that moment and yet he speaks correctly. Only when we hear the word of Jesus can we speak correctly. This is the great miracle of today's gospel: Jesus not only enables us to speak, but to speak correctly. Whoever has never listened to Jesus, what can he ever say correctly?
V.
For this week let us make a resolution: to speak less and listen more. Let us try to turn off our mouths and turn on our ears. Only after listening to Jesus and the cries of others will we be able to speak. And let us resolve to say only beautiful, good things and be an opportunity for others to meet Jesus. Be like those people who brought the deaf-mute to Jesus. Without the loving gesture of those people, the deaf-mute man would never have come out of his deafness and would never have spoken "correctly".
Before concluding, I would like to return to the fact of the “the lady of the pigeons”. Last Friday, I was saying, something new happened. One of the soldiers stationed at that square, with his uniform and machine gun slung over his shoulder, approached the lady and offered her a packet of biscuits for her pigeons. You had to see the scene, the lady was happily very surprised, for the first time we heard the voice of that woman who with a cry of joy said to the soldier: "Thank you, may the Lord bless you". And for the first time I saw the smile on her face. All it took was a small gesture of kindness, the Effata of that young soldier, to break the silence of the days and make a smile shine on a face that was always sad. That woman who thought that no one cared about her, about her pigeons, about her mission that she scrupulously carried out every morning, saw for the first time that someone had noticed her. Now she knew that she was not invisible or useless.
How many 'ladies of the pigeons’ are just waiting for our small gesture of love to start talking again, our 'Effata' to open their ears, mouths and hearts.
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