top of page

🇮🇹 NEL BRACCIO DELLA MORTE 🇵🇹 NO BRAÇO DA MORTE


🇮🇹 NEL BRACCIO DELLA MORTE

(testo in 🇮🇹 italiano)

Una riflessione per la XXXI Domenica, del Tempo Comune - C (30-10-2022)

< Lc Lc 19,1-10 (Zaccheo).

I.

Dale Recinella è quell’italoamericano di origini abruzzesi che l’anno scorso ha ricevuto il premio “Custode della vita” dalla Pontificia Accademia per la vita, per il suo lavoro trentennale svolto insieme a sua moglie Susan nel “braccio della morte” della Florida. Lui con uma laurea della “Notre Dame Law School” e prestigioso avvocato della finanza di Wall Street, a un certo punto della sua vita ha lasciato il suo attico sulla baia di Miami per abbracciare la missione di assistente spirituale dei condannati a morte. Come “cappellano laico” si è messo ad assistere i condannati a morte negli ultimi mesi della loro vita prima dell’esecuzione capitale, restando accanto a loro e parlando loro di Gesù. Nella sua battaglia contro la pena di morte, racconta Dale, gli ostacoli provengono non solo dallo Stato ma anche da molti cristiani che ritengono che la pena capitale sia un giusto strumento che Dio ha dato agli uomini per vendicarsi. Ma questo, dice Dale “esula dagli insegnamenti cardini del Vangelo”. Lui dice di vedere Gesù in questi condannati a morte e sta accanto a loro fino al momento dell’esecuzione, come a Gesù sulla croce.

II.

Uno dei motivi che spingono Dale e molti altri a lottare contro la pena di morte è perché molti di coloro che sono stati uccisi sono risultati poi innocenti (o come il caso di Ndume Olatushani che ha passato 20 anni nel braccio della morte per un reato che non aveva commesso). Ma questo, a mio modo di vedere, pur essendo un motivo valido non è sufficiente. Paradossalmente oserei dire che il dramma maggiore non è per colui che è stato ucciso pur essendo innocente, ma di colui che è stato ucciso ed era veramente colpevole. Il primo infatti non ha nulla di cui “smacchiarsi” o “sdebitarsi”, mentre all’altro, ucciso perché veramente colpevole, è stata negata qualsiasi possibilità di redenzione e di riscatto.

Sono proprio i colpevoli che hanno più bisogno dell’abolizione della pena di morte, per poter avere il tempo di cambiare, pentirsi e vivere una nuova vita. A nessuno si può negare il diritto di pentirsi e di ricominciare. Quanti condannati all’ergastolo si sono redenti e hanno fatto poi un’infinità di bene. Se fossero stati uccisi, non avrebbero mai potuto riscattarsi. La pena di morte non crede nel cambiamento. (E noi durante la nostra vita quante persone abbiamo “condannato a morte”?).

III.

Tra gli “insegnamenti cardini del Vangelo” (per usare le parole di Dale) c’è quello del Vangelo di oggi, di Zaccheo, che era già per tutti un “condannato a morte” senza possibilità alcuna di appello. Lui stesso sapeva di essere colpevole (come riconoscerà dopo davanti a Gesù) e per i suoi compaesani di Gerico era un “morto vivente”.

Un giorno Zaccheo sentì che Gesù stava passando nella sua città e lui volle vederlo, perché conosceva di certo la sua fama. Ma a lui, piccolo in tutti i sensi, era preclusa la possibilità di vedere Gesù passare. Dovuto alla sua statura non poteva guardare oltre il “muro” dei “puri” che gli chiudevano la vista e non gli davano nessuna possibilità di vedere alcunché se non il loro didietro.

Ecco che allora decise di salire su un albero, come i ragazzini, i monelli, rendendosi ancora più odioso e ridicolo agli occhi di tutti che lo guardavano con disprezzo.

La cosa inaspettata però era che anche Gesù lo guardò, ma non in disprezzo, con amore e avvenne quell’incontro memorabile che gli cambiò la vita per sempre.

Se non fosse salito su quell’albero non avrebbe visto Gesù ma solo il didietro degli altri.

IV.

Ecco quindi che possiamo individuare quattro categorie di persone:

  1. Quelli che non hanno mai sentito parlare di Gesù, come quelli che vivono in continenti con religioni diverse o contrarie al cristianesimo, oppure quelli nati da famiglie atee ai quali, per puro arbitrio dei loro genitori, stata preclusa la conoscenza di Gesù.

  2. Quelli che hanno sentito parlare di Gesù ma non lo cercano, perché non interessa loro, distratti da altre cose inutili.

  3. Quelli che lo cercano perché affascinati dalla sua bellezza e grandezza, ma nonostante questo non hanno il coraggio di seguirlo, perché troppo è esigente (come il giovane ricco che era attratto da Gesù ma se ne andò via triste perché attaccato ai suoi beni ai quali non riusciva a rinunciare).

  4. Quelli che lo cercano e lo seguono, che cambiano vita e si affidano a lui, come Zaccheo.

Zaccheo già da tempo rinchiuso dalla società nella “execution Chamber” rinasce invece a una vita nuova. Perché cambiare si può. Non rassegniamoci tutta la vita a guardare il didietro degli altri. Gli errori del passato possono diventare una occasione di una vita diversa, molto più grande.

Pensiamo per esempio se Zaccheo non avesse commesso i suoi errori, probabilmente non avrebbe avuto quell’esperienza straordinaria di incontro di salvezza con Gesù. Magari sarebbe stato anche lui schierato nella fila dei “puri” che hanno visto passare Gesù, ma non si sono mai incontrati con lui. Anche in questo caso potremmo parlare di “Felix culpa”, come nell’Exultet della veglia pasquale, che definisce beata la colpa di Adamo che ci meritò tale e così grande Redentore. Come ci ricorda anche il Catechismo della Chiesa Cattolica «Dio permette, infatti, che ci siano i mali per trarre da essi un bene più grande. Da qui il detto di san Paolo: "Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia" (Romani 5, 20)».

Dall’incontro con Gesù, Zaccheo stravolge totalmente la sua vita e restituisce tutto ciò che ha rubato: dopo aver scoperto la miniera d’oro cosa se ne fa degli spiccioli?

V.

Dale dice che nel volto dei condannati del braccio della morte vede il volto di Gesù. Ma penso che anche questi condannati vedono in Dale il volto di Gesù. Infatti Dale dice che la domanda più frequente che tutti i condannati a morte gli fanno è “Sarai lì quando morirò?”. E questo sembra essere il loro più grande conforto, sapere che non moriranno soli.

Anche noi nella fine della nostra vita avremo il conforto che non moriremo da soli: Gesù sarà lì con noi, e moriremo in pace non nel “braccio della morte” ma nelle braccia di Dio.


(Nella musica di fondo “4 Beautiful Soundtracks” Jacob’s piano)




🇵🇹 NO BRAÇO DA MORTE

(texto em 🇵🇹 português)

Uma reflexão para o XXXI Domingo, Tempo Comum - C (30-10-2022)

< Lc 19,1-10 (Zaqueu).

I.

Dale Recinella é aquele ítalo-americano de origem Abruzzese que no ano passado recebeu o prémio "Guardião da Vida" da Academia Pontifícia para a Vida, pelos seus 30 anos de trabalho com a sua esposa Susan no "corredor da morte" da Florida. Licenciado pela Notre Dame Law School e prestigiado advogado financeiro de Wall Street, num momento da sua vida deixou a sua penthouse na baía de Miami para abraçar a missão de assistente espiritual dos condenados. Como "capelão leigo", ele partiu para ajudar os condenados à morte nos últimos meses das suas vidas antes da sua execução, estando ao seu lado e falando com eles sobre Jesus. Na sua batalha contra a pena de morte, diz Dale, os obstáculos vêm não só do Estado mas também de muitos cristãos que acreditam que a pena capital é um instrumento justo que Deus deu à humanidade para se vingar. Mas isto, diz Dale, "não se enquadra no núcleo dos ensinamentos do Evangelho". Diz que vê Jesus nestes prisioneiros condenados e permanece ao lado deles até ao momento da execução, como Jesus na cruz.

II.

Uma das razões pelas quais Dale e muitos outros lutam contra a pena de morte é porque muitos dos mortos foram mais tarde considerados inocentes (ou como o caso de Ndume Olatushani que passou 20 anos no corredor da morte por um crime que não cometeu). Mas isto, na minha opinião, embora seja uma razão válida não é suficiente. Paradoxalmente, ousaria dizer que o maior drama não é para aquele que foi morto apesar de ser inocente, mas para aquele que foi morto e que foi verdadeiramente culpado. O primeiro, de facto, não tem nada a ‘limpar’ ou pagar, enquanto o segundo, morto porque era verdadeiramente culpado, foi-lhe negada qualquer possibilidade de redenção e redenção.

São precisamente os culpados que mais necessitam da abolição da pena de morte, para que possam ter tempo para mudar, arrepender-se e viver uma nova vida. A ninguém pode ser negado o direito de se arrepender e recomeçar. Quantas pessoas condenadas a prisão perpétua se redimiram e depois fizeram um bem sem fim. Se tivessem sido mortos, nunca poderiam ter-se redimido. A pena de morte não acredita na mudança. (E quantas pessoas temos durante a nossa vida "condenadas à morte"?).

III.

Entre o 'núcleo dos ensinamentos do Evangelho' (para usar as palavras de Dale) está o do Evangelho de hoje, de Zaqueu, que já era um 'homem condenado', sem possibilidade de recurso. Ele próprio sabia que era culpado (como mais tarde reconheceria perante Jesus) e para os seus companheiros de aldeia em Jericó ele era um "morto c”he caminha.

Um dia, Zaqueu soube que Jesus estava de passagem pela sua cidade e quis vê-lo, porque certamente conhecia a sua reputação. Mas ele, pequeno em todos os sentidos, foi impedido de ver Jesus a passar. Devido à sua estatura, não podia olhar para além da "parede" dos "puros" que lhe fechavam a vista e não lhe davam hipótese de ver nada a não ser os fundos das suas costas.

Por isso decidiu subir a uma árvore, como as crianças, os malandros, tornando-se ainda mais detestável e ridículo aos olhos de todos os que o olhavam com desprezo.

O inesperado, porém, foi que Jesus também olhou para ele, mas não em desprezo, com amor, e esse encontro memorável teve lugar que mudou a sua vida para sempre.

Se ele não tivesse subido àquela árvore não teria visto Jesus, mas apenas os fundos das costas dos outros.

IV.

Assim, podemos identificar quatro categorias de pessoas:

1. Aqueles que nunca ouviram falar de Jesus, tais como aqueles que vivem em continentes com religiões diferentes ou opostas ao cristianismo, ou aqueles nascidos em famílias ateias que, pela pura vontade dos seus pais, foram impedidos de conhecer Jesus.

2. Aqueles que ouviram falar de Jesus mas não o procuram, porque ele não os interessa, distraídos por outras coisas inúteis.

3. Aqueles que o procuram porque estão fascinados pela sua beleza e grandeza, mas apesar disso não têm a coragem de o seguir, porque ele é demasiado exigente (como o jovem rico que foi atraído por Jesus mas se foi embora triste porque estava apegado aos seus bens dos quais não podia abdicar).

4. Aqueles que o procuram e o seguem, que mudam as suas vidas e depositam nele a sua confiança, como Zaqueu.

Zaqueu, há muito tempo fechado pela sociedade na “’Execution chamber” (câmara de execução), renasce, em vez disso, para uma nova vida. Porque a mudança é possível. Não nos resignemos toda a vida a olhar para o fundo das costas dos outros. Os erros passados podem tornar-se uma oportunidade para uma vida diferente, muito maior.

Por exemplo, se Zaqueu não tivesse cometido os seus erros, provavelmente não teria tido aquela experiência extraordinária de um encontro salvífico com Jesus. Talvez ele também estivesse alinhado nas fileiras dos "puros" que viram Jesus passar mas nunca o encontraram. Também neste caso, poderíamos falar de 'Felix culpa', como no Exultet da vigília de Páscoa), que define como abençoada a culpa de Adão que nos mereceu um tão grande Redentor. Como o Catecismo da Igreja Católica também nos lembra, "Pois Deus permite que os males ocorram para deles tirar um bem maior. Daí o ditado de São Paulo: "Onde o pecado abundou, a graça super-abundou" (Romanos 5:20)".

A partir do seu encontro com Jesus, Zaqueu vira totalmente a sua vida de cabeça para baixo e devolve tudo o que roubou: depois de descobrir a mina de ouro, o que faz ele com as moedinhas?

V.

Dale diz que no rosto do condenado no corredor da morte ele vê o rosto de Jesus. Mas penso que estes condenados também vêem em Dale o rosto de Jesus. De facto, Dale diz que a pergunta mais frequente que todos os condenados lhe fazem é "Estarás lá quando eu morrer?". E isto parece ser o seu maior conforto, sabendo que eles não morrerão sozinhos.

Também nós no final das nossas vidas teremos o conforto de não morrer sozinhos: Jesus estará lá connosco, e morreremos em paz, não no "braço da morte" mas nos braços de Deus.


(Na música de fundo '4 Beautiful Soundtracks', Jacob’s piano)

8 visualizzazioni0 commenti
Post: Blog2 Post
bottom of page