Una riflessione per Domenica 20-09-2020 < Mt 20,1-16 (TC-A XXV)
I. Secondo alcuni analisti, tra i motivi che portarono alla caduta del comunismo nel mondo, c’è ne sono due in modo particolare che hanno avuto un grande peso: Il primo riguarda l’imposizione dell’ateismo. Marx aveva profetizzato la scomparsa della religione dentro 100 anni, ma in realtà, la religione non solo non è scomparsa, ma si è diffusa nel mondo ancora di più (non confondiamo il mondo con la piccola vecchia Europa). L’ideale della comunione dei beni, era stato predicato da Gesù ben 1800 anni prima di Marx, quindi non era necessaria l’imposizione dell’ateismo per l’accoglienza degli ideali del comunismo. Così facendo, il comunismo si è scavato la fossa da solo. Ma è il secondo motivo, che ci interessa oggi più da vicino, e cioè il livellamento della condizione sociale e dei salari, al di là di ogni meritocrazia. Senza uno stimolo e senza incentivi, i lavoratori fanno il minimo indispensabile. II. Sembra esattamente lo stesso sbaglio che ha fatto il padrone della parabola di oggi, che ha voluto a dare a tutti la stessa paga, indipendentemente dal lavoro svolto o dai meriti accumulati. Questa uguaglianza nel pagamento è un disincentivo al lavoro e allo sviluppo: perché dovrei sudare per lavorare di più e meglio se la paga è sempre la stessa? Non so voi, ma per me questo atteggiamento del padrone è molto irritante e contraddice altri brani del Vangelo dove si dice che ciascuno sarà giudicato sulle sue opere: chi fa sfruttare i talenti viene premiato e chi li sotterra viene condannato. III. Allora ci deve essere un’altra spiegazione. Non possiamo fermarci alla prima impressione ma dobbiamo scendere un po’ più nel profondo per capire il messaggio di Gesù. Probabilmente Gesù voleva spezzare l’idea di meritocrazia riguardo al nostro rapporto con Dio. Per gli ebrei bastava osservare le leggi, fare sacrifici, offerte etc. e questo faceva meritare loro la salvezza o li rendeva buoni figli di Abramo. Anche nella religione cattolica venne passata un po’ questa idea di meritocrazia nella conquista della salvezza: fare opere di beneficenza, fare celebrare messe, chiedere preghiere, fare elemosina (con le quali nel passato si “compravano” le indulgenze). Questo è ciò che fece scatenare, con ragione, la reazione di Lutero e dei protestanti i quali difendevano giustamente che la salvezza non dipende dai nostri meriti o dalle nostre azioni, ma dalla misericordia di Dio. IV. Gesù ha voluto spezzare questa logica meritocratica con questa parabola volutamente provocatoria. Il padrone avrebbe potuto cominciare a pagare quelli della prima ora, mandarli via e poi continuare a pagare gli altri come voleva: in questo modo non avrebbe provocato nessuna reazione. Invece no, ha voluto che i primi vedessero, perché comprendessero qual è la differenza tra essere impiegati e essere figli. I lavoratori della prima ora hanno lavorato tutto il giorno nella vigna del Signore, senza rendersene conto che la loro ricompensa più grande non è stato il denaro ricevuto alla fine del giorno, ma l’aver lavorato nella vigna del Signore. Ma sappiamo che il più delle volte, a un impiegato non interessa tanto il bene che può fare con il suo lavoro, ma quello che alla fine ci guadagna lui. Come il figlio maggiore della parabola del Padre Misericordioso, che aveva lavorato nella casa del padre non come figlio, ma come un impiegato al quale non è mai stato dato nemmeno un capretto. Questo figlio/impiegato non aveva capito che il vivere e lavorare nella casa del padre valeva più di tutti i capretti del mondo. V. Vorrei fare qui una parentesi. Penso che molti di noi ascoltando questa parabola si identifichino con gli operai della prima ora e identificano quelli dell’ultima ora con “gli altri”, quelli che non sono praticanti. Io credo invece che spesso siamo noi gli operai dell’ultima ora e per fortuna che Gesù esce sempre a cercarci, fino alla fine del giorno (cioè fino alla fine della vita). Siamo noi gli operai dell’ultima ora che pur avendo cominciato a lavorare presto, non abbiamo combinato un granché, abbiamo lavorato come impiegati svogliati, che non vedevano l’ora di finire il lavoro, schivando il più possibile la fatica, senza consegnarci mai totalmente. Siamo noi che lavoriamo da sempre nella vigna del Signore ma senza fidarci mai totalmente di Lui, recriminando sempre, lamentandoci, invidiando “gli altri” di fuori, senza rendercene conto che il nostro grande privilegio è stato quello di lavorare nella vigna del Signore. Succede come quando per esempio perdiamo la mamma: solo dopo ci rendiamo conto di quanto ci voleva bene e le volevamo bene, senza aver manifestato mai il nostro affetto, anzi magari lamentandoci sempre di lei e con lei quando era in vita. Purtroppo noi arriviamo sempre dopo, sempre in ritardo, per ritrovarci poi a vivere di rimpianti: “ero felice e non lo sapevo”. Per fortuna che Dio, proprio come nostra madre, lo sa come siamo fatti e viene sempre in cerca di noi, fino alla fine, fino all’ultima ora del giorno e ci sprona sempre a dare un senso alla nostra vita: “Vai anche tu a lavorare nella mia vigna”. VI. Il grande messaggio di Gesù oggi è che alla fine di tutto, la ricompensa sarà uguale per tutti, e cioè la salvezza eterna, il Paradiso, Gesù stesso. Dio non può dare come ricompensa mezza salvezza eterna, o uno spicchio di Paradiso, o un pezzetto di Gesù. Per questo nella parabola da un denaro a ciascuno. Alla fine, finalmente ci sarà uguaglianza tra tutti i figli di Dio e finiranno le disuguaglianze di questo mondo. L’unica grande differenza sarà che gli operai della prima ora, che sono entrati da figli e non da impiegati nella vigna e nella casa del Padre, per loro la ricompensa è stata anticipata su questa terra, vivendo una vita autentica e piena di senso al servizio del Signore. Gli operai delle altre ore o dell’ultima ora, avranno il rammarico di aver buttato via la vita, e di essere arrivati troppo tardi a scoprire che la loro vita avrebbe potuto essere piena di senso e di bellezza. Rimpiangeranno il tempo perduto come ha fatto S.Agostino che dopo aver sprecato tanti anni della sua vita lontano da Dio conclude dicendo: “Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato”.
(eziolorenzobono@hotmail.com)
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