AMORE ALLA PARI (Søren Kierkegaard)
- P. Ezio Lorenzo Bono, CSF

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Commento al Vangelo di
Natale del Signore - Messa del Giorno (25/12/2025)
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I. C'era una volta un re potente che si innamorò di una fanciulla povera, una serva del suo regno. Il re però non sapeva come amarla davvero. Se l'avesse portata nella reggia, se l'avesse vestita da regina e colmata di ricchezze, lei avrebbe potuto sentirsi onorata e affascinata, ma lui non avrebbe mai saputo se lei amava lui o ciò che lui rappresentava. Capì allora una cosa importante: finché fosse rimasto re, l'amore sarebbe stato sempre sbilanciato. Nella loro relazione ci sarebbe stato rispetto, forse ammirazione, ma non amore pieno. Perché l'amore pieno è possibile solo tra persone uguali. E così il re compì una scelta radicale e coraggiosa: rinunciò al trono, depose le insegne e divenne uguale alla ragazza amata. Solo in questo modo l'amore poteva essere libero, senza pressioni né condizionamenti. Questa storia raccontata dal filosofo danese Søren Kierkegaard, dice esattamente la stessa cosa che troviamo all'inizio della Bibbia. Dio, dopo aver creato il mondo e il primo uomo, Adamo, dice: “Non è bene che l'uomo sia solo”. E questa frase sorprende. Come solo? Adamo ha tutto: il giardino, il cielo, le stelle, gli animali, e soprattutto Dio che gli parla. Eppure non si sente completo davanti agli animali, né davanti alle meraviglie dell'universo, e paradossalmente neppure davanti a Dio. Solo quando incontra qualcuno uguale a lui può dire: “Questa volta sì. Ossa delle mie ossa, carne della mia carne”. È lì che nasce l'amore. Perché l'amore pieno è possibile solo tra uguali. Se uno è superiore e l'altro inferiore, può esserci rispetto, ammirazione, venerazione, perfino adorazione, ma non amore pieno. Nell'amore saltano i ruoli, i titoli, le distanze: restano solo persone che si incontrano sullo stesso piano. E l'amore è possibile solo nella libertà. Dove c'è costrizione, paura di restare soli, dipendenza affettiva o economica, non c'è amore. L'amore pieno esiste solo dove uno può dire liberamente sì, ma anche no.
II. È precisamente questa la natura dell'amore, e Dio che è Amore lo sa benissimo. Il Vangelo appena ascoltato dice: “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio, il Verbo era Dio”. Ci parla dell'amore trinitario, di Dio come relazione e comunione, amore tra Persone uguali. Allo stesso modo, se Dio vuole amare l'uomo, deve seguire la stessa logica. Deve farsi uguale all'uomo. È il mistero del Natale, che celebriamo oggi: “Il Verbo si fece carne”. Dio si è fatto uomo. Solo così poteva amarci davvero. Un amore tra superiore e inferiore sarebbe stato un amore incompleto. Dio si è messo sul nostro stesso piano e ci ha chiamati non servi, sudditi, ma amici, fratelli. E ha accettato il rischio più grande dell'amore: la libertà, e quindi la possibilità del rifiuto. “Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto”. L'amore pieno non obbliga mai. Senza libertà non c'è amore.
III. E allora viene spontanea una domanda: quando saremo in Paradiso, tornerà la distanza tra Creatore e creatura? No. San Paolo lo dice chiaramente: saremo simili a Dio. Non solo perché lo vedremo faccia a faccia, ma perché l'amore pieno è possibile solo tra uguali. Questo non l'abbiamo deciso noi, ma è stata una decisione dell'Amore stesso. Ed è esattamente questo che celebriamo a Natale. Non una favola per bambini, non una tradizione sentimentale, ma l'amore che diventa pieno, maturo, tra esseri uguali e maturi. Il regalo più grande del Natale non è qualcosa che sta sotto l'albero. È innamorarsi del Signore, come ci si innamora di una persona vera: basta pensarla e ti commuovi, ti sorprendi a sorridere senza accorgertene. E piano piano scopri che stai cambiando, che molte paure si sciolgono, che non ti senti più solo, che non sei mai stato solo.
Il Natale, in fondo, è questo: la proposta di un “amore alla pari”, con un'eccedenza scandalosa: anche se tu non lo scegli, Lui non smetterà di amarti.





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