FITNESS DELL'ANIMA
- P. Ezio Lorenzo Bono, CSF
- 13 ore fa
- Tempo di lettura: 3 min

Commento al Vangelo della
XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (24/08/2025)
Lc 13,22-30
I.
Oggi tutti parlano di fitness: palestra, jogging, diete, integratori, app che contano le calorie e i passi. Facciamo di tutto per mantenerci in forma, per restare agili, leggeri, sani. È diventata quasi un'ossessione del nostro tempo.
Ma non è una novità. Anni fa, visitando in Portogallo il grande monastero di Alcobaça, ho trovato un curioso esempio di “fitness medievale”: una porta alta due metri ma larga appena 32 centimetri. La leggenda racconta che per entrare in refettorio i monaci dovevano passarci: chi era troppo grasso non ci riusciva, e così era costretto a digiunare. Una porta che serviva, insomma, per mantenere in forma i monaci.
II.
Di un'altra “porta stretta” ci parla Gesù nel Vangelo di questa domenica: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno”. Ma la sua porta non si misura in centimetri: si misura in giustizia. “Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia”.
Ed ecco il punto: non basta non commettere ingiustizie, non basta dire: “Io non faccio male a nessuno”. Bisogna invece fare qualcosa, o per lo meno non restare in silenzio di fronte alle ingiustizie. Perché il silenzio diventa complicità.
In questi giorni vediamo il dramma di Gaza: migliaia di innocenti travolti dalla violenza. Eppure quanti silenzi, quante mezze parole, quante giustificazioni che in realtà sono omissioni. Gesù ci avverte: la porta non si attraversa se restiamo spettatori muti davanti al dolore degli altri. La porta del Regno si apre a chi prende posizione per la giustizia, anche quando costa, anche quando ci espone.
III.
In conclusione.
Quella famosa porta di Alcobaça, in realtà, non era stata costruita per far passare i monaci: è solo una leggenda. Probabilmente serviva per far passare i piatti e le vivande. Però, se ci pensiamo, un deterrente del genere non sarebbe stato male per qualche monaco oversize.
La porta stretta di cui parla Gesù, invece, non è una leggenda, ma una realtà. È la porta per entrare nel Regno di Dio. E per passarci c'è bisogno di un fitness non del corpo ma dell'anima: sgonfiare il nostro orgoglio, la nostra indifferenza, la nostra paura di esporsi. Alleggerirci dal peso del rancore, della superficialità, di tutto ciò che ci gonfia senza nutrirci. Solo così si passa. Perché la porta del cielo non è stretta per escludere, ma per purificarci. È come una dogana dell'anima: ci chiede di lasciare fuori i bagagli superflui, i pesi che ci schiacciano, le maschere che ci rendono gonfi ma non veri.
E allora non possiamo restare spettatori muti davanti alle tragedie del nostro tempo. Davanti al dramma di Gaza, davanti a un'umanità ferita da guerre, fame e violenze, dobbiamo avere il coraggio di pregare, di alzare la voce, di compiere gesti concreti di solidarietà. Altrimenti, quando ci troveremo di fronte alla porta stretta del Regno, anche noi ci sentiremo dire: “Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia”.
Perché tutto il fitness che avremo fatto per alleggerire il corpo non servirà a nulla, se avremo trascurato il fitness dell'anima. E quel giorno, solo chi avrà fatto il fitness dell'anima potrà sentire Dio che sorride e dice: “Benvenuto! Sei rimasto in forma... non per l'estate, ma per l'eternità.”
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