PORTARE UNA CROCE AL COLLO
Commento al Vangelo della
XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (15/09/2024)
Mc 8,27-35
I.
In molte culture, fin dai tempi antichi, gli esseri umani praticavano culti propiziatori per invocare la protezione degli dei o fortuna, attraverso vari rituali e utilizzando oggetti ritenuti magici o sacri come gli amuleti e i talismani. La parola talismano deriva dall'arabo “ṭilasm,” che significa "oggetto consacrato", mentre amuleto ha forse origini nel latino amuletum, che significa "protezione contro il male". Nell'antico Egitto, per esempio, si usava il simbolo dell'Ankh che era considerato un talismano di vita eterna e veniva spesso portato dai faraoni come simbolo di potere e protezione. Anche nell'antica Roma, molti soldati portavano in battaglia amuleti o talismani convinti che potessero proteggerli nella lotta e addirittura attribuivano ad essi le loro vittorie e la sopravvivenza, trasformandoli in simboli di speranza e sicurezza. Nei nostri tempi molti ricorrono ancora a oggetti o rituali scaramantici per propiziarsi la fortuna. E magari tra questi molti ci sono anche diversi di noi.
II.
Nel Vangelo di questa domenica troviamo un momento cruciale in cui Gesù interroga i suoi discepoli: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Pietro risponde con coraggio e fede, dichiarando: “Tu sei il Cristo”. Gesù lo chiede anche a ciascuno di noi perché è necessario ad un certo punto fare chiarezza e dissipare ogni ambiguità. Quando professiamo che Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente, allora può iniziare la sequela come cristiani. Altrimenti rimaniamo sospesi in qualcosa di fluido, dove non si capisce bene se crediamo nel Figlio di Dio o in un Superman, un guru o uno stregone che dobbiamo tenerci buono per propiziarci la buona sorte.
Dopo questa dichiarazione, Gesù invita i suoi discepoli a seguirlo. Dichiarare, dal latino de-clarare, dove il "de-" è rafforzativo del verbo “clarare”, rischiarare, far conoscere chiaramente, manifestare apertamente. Nessuna ambiguità quindi nella sequela: Gesù invita a portare la propria croce: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Marco 8,34). Questo invito a portare la croce è una chiamata a vivere la fede in modo chiaro e concreto, a testimoniare con la vita la nostra appartenenza a Cristo. “Portare la croce” significa abbracciare la stessa causa di Gesù e questo esige un grande impegno, eroico, direi.
Portare la croce però la vorrei intendere anche nel senso meno gravoso, di portare una croce al collo. Vorrei elogiare qui l'usanza di chi costuma portare una croce al collo: è un segno visibile di questa appartenenza. È come proclamare senza parole: "Io appartengo a Gesù Cristo". Indossare una croce non è un semplice gesto esteriore o superstizioso, come può esserlo un amuleto o un talismano, ma dev'essere un segno di fede, di speranza e di amore per il sacrificio di Gesù. Certo sappiamo che tanti la indossano o se la fanno tatuare sul corpo come un semplice oggetto decorativo, senza rendersi conto del profondo significato che la croce racchiude. Magari chissà che per loro questo possa essere segno se non di vera fede, per lo meno di ammirazione o simpatia verso ciò che la croce rappresenta.
III.Per concludere.
Devo dire che mi piace molto quando incrocio o vedo in TV o internet delle persone che indossano una croce al collo o tatuata sul corpo. Mi fa sentire una connessione speciale con loro, come se fossimo "amici", o fratelli uniti dalla stessa passione: quella per Cristo. Portare la croce è una dichiarazione che non siamo soli, ma che apparteniamo alla grande famiglia di Cristo. Papa Francesco ha detto che «Il testimone che ha la croce nel cuore e non soltanto al collo, non vede nessuno come nemico, ma tutti come fratelli e sorelle per cui Gesù ha dato la vita».
Sappiamo che in tanti paesi è proibito indossare una croce o fare il segno della croce, non solo in paesi del fondamentalismo religioso, ma anche in quelli del fondamentalismo laicista che si dichiarano garanti della libertà solo a parole, ma nei fatti non garantiscono la libertà di coscienza alle persone per manifestare pubblicamente la propria fede. Questi laicisti vogliono imporre ai credenti di professare la fede solo in ambito privato, ma come diceva Benedetto XVI, ai vescovi americani (19-1-2012) «la testimonianza della Chiesa è per sua natura pubblica».
Portiamo allora senza paura, anzi con orgoglio, una croce al collo o tatuata sul corpo, e sorridiamo alle persone che incrociamo che come noi portano la croce: anche se non si tratta di una adesione totale e radicale alla fede, per lo meno è un piccolo modo di testimoniare agli altri che non ci vergogniamo di appartenere a Cristo.
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