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PRENDETE E MANGIATE… QUESTO È IL MIO CUORE


Commento al Vangelo della Solennità del

Lc 9,11-17


I.

Ci sono due miracoli eucaristici, lontani tra loro nel tempo e nello spazio, che suscitano ancora oggi meraviglia e ammirazione - ma anche domande. Il primo è il miracolo di Lanciano, accaduto nell'VIII secolo, durante la Messa celebrata da un sacerdote che stava dubitando della reale presenza di Cristo nell'Eucaristia. E fu proprio mentre pronunciava le parole della consacrazione che l'ostia si trasformò in carne viva e il vino in sangue. Un evento straordinario che scosse il suo cuore e quello dei presenti.

Eppure, se ci pensiamo bene, ciò che accadde non fu un merito, ma una risposta a una mancanza. Quel sacerdote non credeva. E forse, anche a lui, Gesù ha detto interiormente ciò che aveva detto a Tommaso: “Perché hai visto, hai creduto. Beati quelli che pur non avendo visto, crederanno”. Questo miracolo, dunque, non è un premio, ma un richiamo. Come a dire: "Se hai bisogno di prove, è perché non credi ancora abbastanza”.

Secoli dopo, nel 1996, accadde qualcosa di simile a Buenos Aires, dove un'ostia dimenticata in una teca si trasformò misteriosamente in carne. Analizzata in laboratorio da esperti che non conoscevano l'origine del campione, risultò essere tessuto miocardico, di una persona in stato di stress acuto, come in agonia. Anche in questo caso, non ci troviamo di fronte a una prova scientifica da manuale. Altri studiosi sollevarono dubbi sul procedimento adottato nell'analisi dei campioni. Ma, forse, è proprio un bene che restino dei dubbi. Perché se tutto fosse chiaro, evidente, dimostrabile, la fede non avrebbe più spazio. La fede non si nutre di prove, ma di fiducia. Questi miracoli eucaristici non vogliono soddisfare la curiosità scientifica, ma ravvivare la fede, quella fede che nasce dal mistero e si nutre di segni, non di certezze.

II.

Nel Vangelo di questa Domenica della solennità del Corpo e Sangue di Cristo, una folla immensa, stanca e affamata segue Gesù. E gli apostoli, di fronte a questa fame concreta e insistente, dicono a Gesù: «Congeda la folla, che vada a cercarsi da mangiare nei villaggi vicini». Un modo elegante per lavarsene le mani, come per dire: “Che si arrangino. Non è un nostro problema”. Anche noi, spesso, troviamo mille auto-giustificazioni per non agire, per non prenderci cura dell'altro. Gesù però non manda via nessuno, anzi rincara la dose: «Date voi stessi da mangiare». Non si limita a compiere un miracolo da solo, ma coinvolge i discepoli, richiamando ciascuno alla propria responsabilità: anche se hai poco - solo cinque pani e due pesci - offri quel poco. È da lì che nascono i miracoli veri. Gesù avrebbe potuto far apparire il pane dal nulla. Invece ha scelto di partire dal poco dell'uomo: ha fatto distribuire i pani agli apostoli, ha fatto raccogliere da loro i pezzi avanzati. Ha scelto di aver bisogno di noi, ancora oggi.

II.

E per concludere, torniamo al cuore - nel vero senso della parola. Ciò che colpisce di più, nelle analisi scientifiche dei miracoli eucaristici, non è solo che si tratta di tessuto umano generico, ma, come detto, che si tratta specificamente di miocardio, il muscolo del cuore, e, cosa ancora più sorprendente, di un cuore ancora vivo, un cuore ferito, un cuore in agonia. Il dottor Frederick Zugibe, patologo forense della Columbia University, analizzando il campione di Buenos Aires, rilevò che era tessuto miocardico appartenente a una persona viva, in stato di stress estremo, come se fosse sotto tortura o in punto di morte. Un cuore che soffriva. È questa la cosa straordinaria che ci lascia senza parole: nell'Eucaristia riceviamo il cuore di Cristo sofferente, non quello di Cristo Risorto nella gloria. Riceviamo un cuore che si sta ancora sacrificando, ancora battendo, ancora sanguinando per amore. L'Eucaristia non è la celebrazione di un ricordo del passato, ma la presenza viva del sacrificio di Cristo, che continua a offrirsi per il mondo, ancora oggi, anche adesso, su questo altare. A pensarci bene, fa venire i brividi.

E allora, oggi, quando ti avvicinerai a ricevere l'Eucaristia, ricorda cosa stai ricevendo: non un pezzo di pane, un simbolo, un gesto liturgico, ma il cuore vivo di Gesù, ancora palpitante e innamorato dell'umanità, innamorato di te. Lascia che il tuo cuore cominci a battere al ritmo del cuore di Gesù, fino a diventare anche il tuo un cuore eucaristico, che possa donarsi agli altri. Perché solo chi ama con il cuore che batte all'unisono con il cuore di Gesù, ama davvero.



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Questo invito è aperto a tutti, ma in modo particolare ai fratelli sacerdoti: se desideri condividere un pensiero, un saluto, un commento, una parola di incoraggiamento o anche una critica costruttiva - per migliorare le mie riflessioni o semplicemente per avviare un dialogo fraterno e uno scambio di esperienze - sarò felice di leggerti. Puoi scrivermi a questo indirizzo: eziolorenzobono@hotmail.com

 
 
 

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